Si potevano toccare le stelle,raccoglierle in un cesto,e poi ricontarle nella notte,senza
che nessuna mancasse.
Così Edran gli piaceva,sorridendo,pensare dell’anima:
”toglietele pure dal mondo,ma esse continueranno a brillare nel tempo”.
E quando argomentava sul tempo non voleva intendere la storia dell’Uomo,ma quella sorta di nastro magnetico in cui si incide il farsi,dove la tessitura dell’essere scocca lo strale di fiato tra le stelle.
Universi che esplodono nascendo mille volte mille e ancora morirne svanendo,ma in quel punto,in quel sol punto dell’infinito increato,ecco inventariato quel gesto nijinskyano in cui l’incarnato delle gote stupite della spettatrice in prima fila si polirono di una lacrima adamantina,e nulla potrà cancellare il suo ‘port de bras’ apollineo che chiuse il velario quella stessa sera.
Sebbene obliviosa la mente umana,nel ‘nastro del tempo’ tutto rimane apparecchiato;
e quando si arriverà a passeggiare nel tempo,tutto sarà ancora lì,intatto,come la prima volta,come quella prima volta che Edran raccolse le stelle dal cielo senza che esse non
continuassero a sorridergli nella notte.
10.7.2014