La curva di Anha K. Rose

La curva dei fiori era per lei l’anima del mondo.

E forse qualcuno spiandole la nuca avrebbe potuto intuirlo.

Anha K. Rose si lasciava scivolare la pioggia nel dorso,come un cacciatore d’invisibilità che lanciando nel vuoto polvere colorata ne cercasse la forma nascosta.

Se qualcun’altro invece avesse potuto disseppellire la curva dall’anima,questo sarebbe stata proprio Anha.
Il suo sguardo non si fermava sulle cose,o meglio: prendeva le cose le adagiava sul tavolo degli occhi,e le apparecchiava col suo pensiero,e questo,il pensiero,si curvava per raccogliere i fiori che ogni cosa racconta.
Perché le anime,anche degli oggetti inanimati,le sentiva come si sarebbe potuto sentire un profumo,ma non era un profumo,era una curva,ma così sfuggente da non poterne avere nessuna materia.
Eppure la curva del suo sorriso faceva reclinare i fiori,arrossirli dietro i petali come piccole ali vermiglie;
come si sarebbe inginocchiato il suo amante guardandola collezionare fragili passi dietro l’aria.
Anha K. Rose avrebbe voluto sparire in una curva,ma non per abbandonare il mondo,per capirlo fino in fondo al pozzo,per nuotare là dove si raccolgono lune rotonde.

André Che Isse

EDRAN SCALZO SULLA FELICITA’

C’è un filodarianna disteso come un ponte infinito da cui si perdono gli approdi.
Edran lo attraversa scalzo nella direzione della felicità.
Anche il suo sguardo non afferra che l’eterno,l’orizzonte torno torno s’ostende la sua bocca come un dio di nebbia.
Se,come una segreta dell’animo,la nebbia è labirinto metafisico,il meriggio abbacinato di sole,pallia d’albume i talloni,così che il passo possa nel suo farsi gentile,smemorarne il retaggio,e disegnare nel Tempo l’arco del piede ulisside:
Edran si guarda freccia adamantina sul ponte di prua,mentre rimane seduto come lo Scriba del Louvre,vergandosi di poiesi.
La scrittura gli tatua la pelle inaurando il suo buco nero dI pupilla di gesta imperiose:
davanti a lui un sasso bianco piatto scaldato di sole in un letto di sabbia.
Edran lo mette in bocca per scaldare il pensiero,e albergarsi nell’impronta rimasta sulla sabbia:
adesso conosce la forma prima che s’inventasse il mondo.

André Che Isse

EDRAN & API RUNE

Edran la guardava camminare davanti a lui.
Api Rune non camminava come le belle donne,lei incedeva come un trampoliere: una gru scalza con lo sguardo perduto dove cade il mare.
La guardava curvare il tempo: gli sembrava per davvero che davanti a lei il tempo stesso si curvasse per poterla spiare lentamente,per allungarle la meta dove cade il mare.
Edran avrebbe voluto baciarla tra le scapole,tra le ali abbrunite dalle stelle,ma anche aspettare che finisse la strada,forse per salvarla quando cade il mare,o soltanto come quando dopo aver salutato un amore non confessato speri che lei si volti prima di scomparire nel giorno.
Edran amava già Api Rune,prima che lei si voltasse: l’amava perché poteva toccarle i pensieri.

André Che Isse

ANGELI SCALZI

Un angelo dietro una notte come tante,soffiava nell’anima di un uomo come Miles avrebbe fatto alle quattro del mattino nella sua tromba.
L’atto stesso di comunicare con l’aria,con l’invisibile,è parlare nel sogno: edificare coi sensi una storia di fumo; sedere con gli dèi senza volto,sentirli respirare lentamente,canticchiare pure,prima che il giorno colori le cose,prima che tutto ritorni ad avere un nome proprio.
C’è chi racconta di angeli riconoscibili da un suono particolare tra le due e le cinque della notte,gli stessi che nel giorno si rendono visibili ad alcuni con nomi comuni; adempiendo a due funzioni differenti:
nel profondo della notte donano l’estasi che gli dèi spalmano per creare le stelle;
durante il giorno della luce invitano soltanto,ai pochi che appaiono,a sedere al sole,come del resto fanno gli dèi…
Ma quella notte come tante,l’anima di quell’uomo si era riempita per sempre di stelle.

André Che Isse

Sir Edran his Galiard

L’affissava come chiunque avrebbe fatto di fronte ad un incantesimo.
I piedi scalzi allunati,Edran di fronte a Nausicaa,gli piaceva immensamente la doppia ‘a’ in fondo al suo nome ulisside,se ne stava ritto e ammutato come un giovane albero che ancora deve capire che non si muoverà,per sempre,da dove è nato se non con le braccia dei rami,mani invisibili che crescevano nella direzione di Nausicaa,che seduta sull’erba dell’estate,le mani a lisciarsi la lunga chioma di seta,rinasceva dagli occhi di Edran ninfa del suo desiderio eterno.
Avrebbero potuto assolarsi mille estati senza che Edran le avesse tolto l’amore del suo sguardo di un sol battito di ciglia: un Colombo che sbarcasse sulla terra così bramata ed ora immobile nell’incredulità dell’inveramento: i ginocchi nella terra del suo nome.
Seduto sul suo albero fatto di pensieri,Edran la mirava,assieme all’amore,come un astronomo che avesse appena scoperto una stella nuova,mai vista da occhio umano,la sua stella ora,perché nessuno mai si era preso cura di quel puntino lontano lontano nell’universo buio.
Da subito ne aveva riempito un taccuino pregiato,quello che da anni si tiene in serbo per l’occasione speciale,lo aveva con cura aperto alla prima pagina dandone la stura come al vino più prezioso del mondo,e con l’inchiostro più nero dell’universo aveva scritto il suo nome: Nausicaa.
Aveva scelto la sua scrittura più bella,lenta e tersicorea,musicata tra le ‘a’,e svettante da subito in quella N che saliva al cielo tracciando una linea curva sul primo foglio odoroso come il primo volo d’airone sul mondo; quando lo acquistò durante un viaggio in oriente,oltre i confini calpestabili,sentendone a prima vista l’unicità del suo compito futuro,lo aveva cosparso di cedro tra le pagine,l’essenza amorosa per Edran.
E dopo il suo nome,NAUSICAA,la sua scrittura d’attenzione entomologica si era stretta in società con l’amore:
al desiderio riddante come mille Gagliarde d’Edran,si univa lo studio dettagliato delle sue singolarità,quelle che fanno di una persona il suo DNA visibile:
come Nausicaa camminava scalza sull’erba e come invece avrebbe camminato mai sicura tra le case del mondo; come le mani sospese in una leggiadria iconico-rinascimentale magnifica divenivano a tratti scattose e iperboliche; come al suo sorriso leonardesco di madonna si alternavano smorfie deliziose da monella irrequieta da cinematografia del muto; come d’improvviso cangiava da bimba d’altalena all’uggia tenebrosa; e come riuscisse a passare da un’estrema invisibilità alla principessa del ballo,quella che entrando ammuta il cosmo tutto in un silenzio epifanico di maraviglia.

André Che Isse

INNAMORARSI PRIMA CHE NASCA IL MONDO

Si entra e si esce dai giorni ma non dall’infinito; e la prima volta che l’aveva veduta,Edran si era sentito eterno: il suo corpo sospeso al di fuori del tempo,tutto il suo pensiero chiuso in uno stupore magnifico: un’epifania che può far cambiare un cammino.

Edran aveva sempre creduto,conoscendo l’arco dei suoi piedi di danzatore come le idee icarie che dai palmi lanciava nel sole,che il suo amore più grande lo avrebbe riconosciuto a bella prima di primo sguardo:  non si sarebbe trattato di un coup de foudre ma di una consapevolezza increata,come se quegli occhi amorosi fossero nati insieme all’universo e più che un’antica separazione dell’androgino aristofanèo-platonico,una vera agnizione da teatro del mondo.

Il suo corpo sospeso si era poi adagiato,rientrando nel tempo,in un talamo d’ulisside adamantino,radicato per sempre nella consapevolezza di un amore che avrebbe potuto apparecchiarsi di dèi.

André Che Isse

TRE FIORI DI LOTO SACRO IMPARADISATI SOTTO LA LUNA

CAPITOLO I

La sua chioma lucente cioccolato della notte si stagliava dalla federa nera per realità,era così vera da far impallidire i sogni quelli creduti reali,vivida fronde nata dietro la luna.
Edran poteva raccogliere intere notti a guardarla luccicare:
lui sentiva il fondo dei suoi occhi chiusi dal sonno come mille giardini d’estate,
la inseguiva tra i fiori di loto sacro,come fosse una regina dell’antico egitto scolpita nella pietra del suo folle amore.
E Nausicaa dormiva.

La scena potrebbe essere pensata dallo scrittore nel suo letto nero,una zattera dietro l’universo:
dove il pensiero è l’universo stesso,o forse dove scavallano le anime libere dal corpo.

Edran spesso si domanda nel cesto dei suoi stupori dove vada Nausicaa mentre lui la guarda dormire:
”Dove sei mio amore? quali luoghi stai albergando mentre ti vorrei baciare la nuca fino ad affogarne le nari?”

Ma anche quelll’attesa di nascita amorosa,l’alba di Nausicaa,colorava il cuore di Edran come le gote di un monello che per la prima volta salisse sull’albero più alto della sua estate più incantevole.

Qui,ora,un dio o meglio un angelo potrebbe avvoltolare le due teste d’amanti in una seta oltremare,stretti in un fiato osmotico di cedro.

André Che Isse

André Che Isse 3 fiori di loto imparadisati sotto la luna

André Che Isse
”3 fiori di loto sacro imparadisati sotto la luna”
150x40cm
opera retroilluminata
gennaio 2016

IRTOFADE EBBRA D’AMORE DIETRO L’UNIVERSO

Ho camminato con dita d’arciere la tua schiena di neve,come nel momento prima di liberare lo strale,stringendoti il piacere sui palmi:
mille volte il giro della luna tra le tue scapole e la foce delle natiche,così che le impronte delle mani ti apparecchiassero nella stanza del cuore il desiderio madido d’amore.
E dentro la tua schiena si alzavano guglie di piacere,come se il cielo si fosse ripiegato di pelle odorosa,quella stessa che dà forma di panna alle nubi,quella stessa che ha fatto tremare il vuoto di fronte a un dio,e subito dal dorso della sua mano la schiena della luna,in mezzo all’universo ancora da inventare.
Tu nascevi tra i baci increati,quelli che puoi trovare tra il rovescio dell’universo e la rugiada in calice di una peonia,nascesti ninfale per arrossare l’alba,per essere amata dalle mie dita d’arciere.

André Che Isse

André Che Isse -Irtòfade ebbra d'amore dietro l'universo-

André Che Isse

”Irtòfade ebbra d’amore dietro l’universo”

208x100cm

opera retroilluminata

settembre 2015

LE BOLLE DI NAGIKO

Nagiko guardava Edran danzare dall’altra parte del vetro,ed era come se lui danzasse per lei nella camera del suo cuore.
Edran danzava in una bolla,come quelle che si fanno gonfiando le gote dietro la luna,in cui principiare il mondo per amare Nagiko.
E Nagiko respirava lentamente guardandolo danzare mentre creava il mondo per loro,come se gli allungasse il suo fiato,come se gli filasse il filodarianna che lo avrebbe condotto a trovarla tra le stelle.
Si erano già conosciuti da qualche parte tra gli anelli dei pianeti,in un tempo in cui baciarsi era scambiarsi comete in bocca.
C’è stato un tempo in cui Nagiko soffiava l’amore come bolle di cristallo nello sguardo di Edran,per ottenere il suo riso,per fargli tremare la chioma,per accoccolarsi dietro la sua schiena d’arciere.
Edran conosceva il multiverso di Nagiko,conosceva la sua bocca ninfale,e dietro il vetro danzava per lei il primo giorno del mondo:
il gesto teurgico di Edran tesseva gli alberi di mela per il talamo di Ulisse.
E Nagiko con le gote arrossate dal mantice per le bolle gli sorrideva in faccia l’amore,il primo amore del mondo…

André Che Isse

André Che Isse sassuolo 11 0tt0bre 2015André Che Isse fotografato da Rosario Santimone

live performance 11.10.2015

QUANDO EDRAN SI AMMUSA NELLA NUCA DI NAGIKO

Nagiko non conosceva ancora come il fiato può tuffarsi dalla nuca,fino a quando Edran non appoggiò le sue nari sotto la sua lunga chioma lucente,proprio dove nasce il dorso.
Il respiro di Edran allungato dal profumo del collo di Nagiko,le entrava nella sua pelle di neve,e per la prima volta i suoi pensieri di fanciulla diventavano il desiderio delle stelle.

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Nagiko si perdeva nello sguardo di Edran:
come Alice che cade nel buco,Nagiko si sentiva risucchiare in un tubo che saliva alla luna,e dall’altra parte un albero di mela,una soltanto,e tra i rami Edran aveva costruito il talamo di Ulisse.
Nagiko dal tu
bo cadeva nel letto facendo sorridere le stelle; facendo gonfiare il cuore innamorato di Edran.
E Nagiko si perdeva nello sguardo di Edran per ritrovarsi allunata mangiando una mela tra i palmi in giulebbe di Edran.
André che Isse