LA MATERIA DI UN SORRISO

Qualcosa gli veniva incontro:

Edran non sapeva più separare il sole dall’estate.

Era come se, immoto, al centro dell’estate, lui stesso trasfigurasse in sole.

Più che traversare l’aere, avanzava nella materia di un sorriso.

Sciente d’ignito:

Edran irraggiava quel sorriso nel cosmo.

E gli astri tutti lo trapuntavano di baci, un Sebastiano arrovesciato:

dardeggiato di luce.

Edran non sapeva più separare il sorriso dalla transverberazione dell’alma.

Al centro dell’estate un frinire superno d’ipseità distillava solo per lui:

la sostanza eudemonica delle idee.

André Che Isse

LA LEGGIADRIA SCIENTE DELL’ESSERCI

Edran aveva così snudato l’attimo da camminarci scalzo.

Ogni istante possedeva la volontà di potenza di un haiku,

o meglio:

la leggiadria sciente dell’Esserci.

Come Michelagnolo toglieva il marmo per disoccultarne l’imago increata,

Edran dall’eterno aggallava:

ogni Attimo sull’Esserci dell’Essere Suo!

L’incesso aveva preso la doratura del cogito;

ogni suo passo stampigliava l’ala del pensiero.

L’idea stessa aveva principiato la danza di Edran:

dalla curva del braccio nasceva.

Così dietro l’universo in mezzo a ipseità eternava.

Uno stato eudemonico gli coltivava uno stato di grazia superno;

Edran equilibrava la cognoscenza all’erbario delle idee:

per ogni ebbrezza il nome di una stella.

Lo stupefacente lumeggiava per lui l’attimo d’immenso.

E l’afflato di Edran transverberava la sostanza dell’Essere,

buccinando l’ostensorio dell’alma.

Poteva così auscultare l’inazzurrarsi del fiato,

che dalle nari raccoglieva il cielo.

André Che Isse

LA GOLA DI NEVE

Rammemoro la neve in cui silenziò Edran.

ll suo passo narrava l’esserci.

E assieme al cuore

stamburavano i talloni rotondi nell’albume.

L’impronta stampigliata lasciava nel suo guardo falotico

l’invenzione del cartiglio egizio;

firmando così l’incedere tersicoreo di Edran.

Curvare la neve danzando materiava la leggiadria;

come fa l’amore baciandosi in bocca.

E in bocca allo zenit si lasciava stivare la gola di neve;

allora forse sarebbe potuta tralucere l’anima

per luccicanza innevata.

André Che Isse

IL FILODARIANNA DI SETA

Il guardo di Edran tesseva via via al crescendo cupido
un filodarianna invisibile che avrebbe potuto dimorare l’eterno
sul dorso della seta
dove principiano i bottoni d’albume tondo del suo amore.
Ad ogni bottone la bocca dell’asola serrava stretta le labbra
come un’amante arrovesciata sul deliquio dei baci vermigli.
Il giocoforza del piacere ostese quel crepitare frusciante di seta
che stringeva il corpo al corpo delle idee.
Edran auscultava il fiato dell’amore come un collezionista di piogge
avrebbe disceverato il colore delle gocce.
Un diluvio di un solo bacio
che non staccasse le bocche per l’intera notte
avrebbe trasfigurato per sempre
il corso degli eventi ai due amanti dietro l’universo.

André Che Isse

LA DENSITA’ DEL SILENZIO

Edran si muoveva tra le stanze agostane
come il primo uomo allunato.
Sebbene la ‘densità’ dell’estate avesse per lui un valore infinito,
una pienezza eudemonica,
l’assenza di gravità ai ginocchi
lo levitava.
I suoi gesti sempre ipervigili alle muse,
un movimento costantemente danzato,
come braccia snudate al sole
portavano implumi la levità dell’ala.
Ma non si sarebbe potuto descrivere come un volo,
poiché il parossismo gaudioso che gli procurava
lo inscriveva in una sciente natura umana,
dove,ben lontano dal mondo animale,
l’essere imperasse.
Ecco che allora una gemina natura,
levitante quanto intelligibile,
inaurasse Edran
come
un silenzio di meriggio agostano.

André Che Isse

EBRO D’EDRAN

Edran incedeva come un’erba materiata di calcagna.
Le sue braccia nei giardini beccheggiavano d’impero:
un impero d’alberi.
I passi di quercia illeggiadriti dalla curva dei ginocchi,
pettinavano l’estate:
quasi che l’estate stessa si fosse infilata nella cupidità di Edran
per rubargli la custodia di un dio.

Il suo pensiero spumava di fiori.

E la rugiada,sciente di madido diafano,
esondava nel suo traslucido sguardo,la commozione di sé.
Mentre le sue braccia continuavano a danzare l’archè
sulla curva di dioniso lungo l’ipotenusa apollinea.

Edran si fermò un attimo ubriaco di luna:
non era in quel mattino di luce una luna come tutte le altre:
lei,la luna,se ne stava lì sopra la vita di Edran
come avrebbe potuto un’amante nuda d’estate.
Allocchito e imparadisato da tale epifania,
Edran si accorse di sorridere:
proprio come ricordava quello stesso riso tra le labbra di un buddha;
non che si sentisse un Buddha,
ma il dono stesso di un dio.

Indiato da tale consapevolezza,
che gli piaceva chiamarla -scalza sciente-,
sulla sua pelle s’aggallava una sensazione d’eterno:
e come la sua luna,non un eterno feriale:
un guardo nell’iride d’afrodite:
come se il guscio di noce amletico (-nutshell-)
si fosse alchimiato per incantamento,
occhio stesso d’Amore.

André Che Isse

SCARTAFACCIO DI SCRIBA A FOGLI SPARSI; 1.& 2.

SCARTAFACCIO DI SCRIBA A FOGLI SPARSI; 1.

Capire che era tutto un solo luogo di piacere,un’immobile eterna istantanea:
quell’incontro tra il fiato inoculato alla radice del pensiero.
Quell’incontro inopinabile dello sfilamento di una nube con lo sguardo finalmente accorto di un passante.
Ecco,ora tutto per Edran era solo il suo palato stellato in quelle mani che poteva muovere come un dio,
o meglio: come un nessuno cosmico.

SCARTAFACCIO DI SCRIBA A FOGLI SPARSI; 2.

L’impeto gli saliva fino alla gola per poi dardeggiarne il mondo.
Forse gli bastava soltanto sapersi:
sì,quel sapore che ti avviva quando la dorsale dei pensieri attraversa l’ipotenusa del corpo:
ex abrupto!
perché non puoi mai sapere fino in fondo al pozzo delle lune:
c’è sempre quella curva dove il sorriso si ubriaca di fresco incanto.
E nell’ebbrezza degli impeti Edran dardeggiava il mondo col suo bouquet di gioia.

André Che Isse

EDRAN SCALZO SULLA FELICITA’

C’è un filodarianna disteso come un ponte infinito da cui si perdono gli approdi.
Edran lo attraversa scalzo nella direzione della felicità.
Anche il suo sguardo non afferra che l’eterno,l’orizzonte torno torno s’ostende la sua bocca come un dio di nebbia.
Se,come una segreta dell’animo,la nebbia è labirinto metafisico,il meriggio abbacinato di sole,pallia d’albume i talloni,così che il passo possa nel suo farsi gentile,smemorarne il retaggio,e disegnare nel Tempo l’arco del piede ulisside:
Edran si guarda freccia adamantina sul ponte di prua,mentre rimane seduto come lo Scriba del Louvre,vergandosi di poiesi.
La scrittura gli tatua la pelle inaurando il suo buco nero dI pupilla di gesta imperiose:
davanti a lui un sasso bianco piatto scaldato di sole in un letto di sabbia.
Edran lo mette in bocca per scaldare il pensiero,e albergarsi nell’impronta rimasta sulla sabbia:
adesso conosce la forma prima che s’inventasse il mondo.

André Che Isse

INNAMORARSI PRIMA CHE NASCA IL MONDO

Si entra e si esce dai giorni ma non dall’infinito; e la prima volta che l’aveva veduta,Edran si era sentito eterno: il suo corpo sospeso al di fuori del tempo,tutto il suo pensiero chiuso in uno stupore magnifico: un’epifania che può far cambiare un cammino.

Edran aveva sempre creduto,conoscendo l’arco dei suoi piedi di danzatore come le idee icarie che dai palmi lanciava nel sole,che il suo amore più grande lo avrebbe riconosciuto a bella prima di primo sguardo:  non si sarebbe trattato di un coup de foudre ma di una consapevolezza increata,come se quegli occhi amorosi fossero nati insieme all’universo e più che un’antica separazione dell’androgino aristofanèo-platonico,una vera agnizione da teatro del mondo.

Il suo corpo sospeso si era poi adagiato,rientrando nel tempo,in un talamo d’ulisside adamantino,radicato per sempre nella consapevolezza di un amore che avrebbe potuto apparecchiarsi di dèi.

André Che Isse

LE BOLLE DI NAGIKO

Nagiko guardava Edran danzare dall’altra parte del vetro,ed era come se lui danzasse per lei nella camera del suo cuore.
Edran danzava in una bolla,come quelle che si fanno gonfiando le gote dietro la luna,in cui principiare il mondo per amare Nagiko.
E Nagiko respirava lentamente guardandolo danzare mentre creava il mondo per loro,come se gli allungasse il suo fiato,come se gli filasse il filodarianna che lo avrebbe condotto a trovarla tra le stelle.
Si erano già conosciuti da qualche parte tra gli anelli dei pianeti,in un tempo in cui baciarsi era scambiarsi comete in bocca.
C’è stato un tempo in cui Nagiko soffiava l’amore come bolle di cristallo nello sguardo di Edran,per ottenere il suo riso,per fargli tremare la chioma,per accoccolarsi dietro la sua schiena d’arciere.
Edran conosceva il multiverso di Nagiko,conosceva la sua bocca ninfale,e dietro il vetro danzava per lei il primo giorno del mondo:
il gesto teurgico di Edran tesseva gli alberi di mela per il talamo di Ulisse.
E Nagiko con le gote arrossate dal mantice per le bolle gli sorrideva in faccia l’amore,il primo amore del mondo…

André Che Isse

André Che Isse sassuolo 11 0tt0bre 2015André Che Isse fotografato da Rosario Santimone

live performance 11.10.2015