straripo d’ebbrezza scalzo su mèssi gaudiose
madido esondante estatico nudo agli otri ulissidi
e conflagro in commozioni di festa inopinate
come se la vita m’apparisse di prima volta nel suo svelamento più fausto
ho lavorato due secoli per togliere il narrabile dalle pietre
e ora ne tracanno il riso perenne del sole
un altipiano ove raccogliere racemi di nubi ubriache in decubito dorsale
come se il mio braccio disteso attraversasse la materia oscura col guardo soltanto
affinché il taglio degli occhi sia sentiero su cui cammini la luna
fuori dal mondo per danzarci dentro sul serio come Alice nel pozzo
eccomi allora ipseità lunisolare scettrato
e nulla sarà più alato di goccia che da guscio s’apra foglio precordiale arso
André Che Isse