LA PELLE DELLE PAROLE

attraverso il giorno come una pelle di fiato
scalzo sulle parole

mentre i ginocchi raccolgono pensieri sull’albero
dove la bocca si stiva di luccicanza

tanto che i passi danzino l’epos sidereo
l’aere curvata d’angoli nel gomito

eccomi dunque nudo di luce
dorso chiaroscurale di sole attraversato da coda di cometa

ma ci sono parole che cadono in gola come dove cade il mare
e parole che salgono le nari come neve che torna alla luna

ma sono quelle che si suggono senza masticarsi,il punto di fuga rinascimentale
dove essere ha l’incarnato delle parole

André Che Isse

ALA SENZA DORSO E BASTA

c’è da perdersi nel verde degli alberi
labirinto monocromo di bellezza

ma ci sono così tanti verdi da non ritornare più
da abbandonare tutto per l’infinito

come del resto potrebbe essere morire
liberi di essere amore e basta

ala senza dorso
verde e basta

ma poi rincaso dal parco e ho così tanta poiesi da perdermi di nuovo
labirinto formidabile d’idee su filodarianna scalzo

e allora torno a salire gli alberi con la poesia in tasca
per collezionare infiniti e basta

André Che Isse

IL TRITTICO DEI VASI ALCHEMICI

André Che Isse
“Il trittico dei vasi alchemici nel giardino nero del principe Apu”

130,5x300cm
(3 pannelli ciascheduno 130,5x100cm)
corda cucita su misto cotone,
tempera da muro,acrilico,timbri d’Isse
OPERA RETROILLUMINATA
aprile 2017

***

Ci sono vasi che hanno danzato la creta

piegando l’arco dorsale di un dio giovane,

troppo giovane per aver visto nascere il mondo;

e la curva del mondo increata:

monade per il mio braccio di danzatore,

segreta epistemica.

Ci sono vasi come pietre elettive di giardino zen:

scolte verticali di bellezza,

‘cantus firmus’ d’equilibrio sullo spazio.


Il vasaio degli dèi ha rubato la curva dove cade il mare

per alchimiare la forma dei pensieri

in giardino d’anima.

 

E il principe Apu,pettinato di luna,
siede al centro del suo giardino nero,
mirando il mondo dalla sua curva aurorale.
 

André Che Isse

SAGRESTIA DI STELLE

è bello pensare che si possa essere nati prima della luna
basterebbe salire sul melo per conoscere il mondo

ma le emozioni non si comprano al mercato
e ho fatto dell’anima coltura a chilometro zero

gli orti feraci a terrazze ebbre sul cuore distesi
come lenzuola d’albume al sole nei meriggi agostani

ed eccomi pensiero sciente su crinale di fuoco nel mio cesto di fragole
quando amo invento la luna che non era ancora nata

ma basterebbe contare l’infinito con le dita mentre le stelle ridono
uno due tre presa!

bersi sapere d’essere tutto d’un fiato
e poi rimanere a guardare quella luna gigante gialla appena nata dietro una casa

André Che Isse

COMPOSTIERA PER CURVE DI NEVE

ma come fu che imparai il fuoco prima della ruota?
quando conosci hai curvato l’orizzonte torno di luna il filodaurora

perché è nella curva il gesto di un dio
e solo una bocca che raccolga neve prima della terra ne piega l’arco

tra la curva del dorso e l’ala l’aria ridda ebbra nel mio fiato d’arciere
e allora tornai prima di nascere il mondo solo di lapislazzuli in tasca

così michelagnolo involò se stesso d’azzurro
così a fresco curva di neve m’indiai

e ora di fronte alla tela scriba aurorale di gesto ne invero
mentre danzo la curva stessa che inventò alberi

così che salendoci io possa aggallare di neve
come atomi d’albume poietico

André Che Isse

VESTITO NUDO DI MILLE ALBERI SCALZI

ho danzato nei gangli dell’ebbrezza sul dorso del sole
e sono divenuto dorso di dioniso ardente imperituro

eccomi nel morso d’essere senza staccarne matita di foglio
scaturigine di mondo quanto albergatore di lune

così che il giorno inventi se stesso prima di nascersi addosso
vestito nudo di mille alberi scalzi

ho imparadisato la coscienza tra palmi che soppesavano chiome di cuore
per pettinarne labirinti alla foce dei gesti

ed ora non c’è neutrino a sellarmi il fiato che non sia scettrato davvero
re siamo per le stelle e nella camera dei delfini

e nel mio cerchio con le braccia la curva del mondo dove cade il mare
e il pozzo di luna dove i sogni risalgono alle stelle come canestra di frutta

André Che Isse

UBRIACO DI LUCCICANZA

ho pettinato la luna mentre mi amava
e infilato baci nella chioma come fragole tra pensieri

il suo dorso di luna si appoggia alla terra inventando la notte
e tra scapole d’argento cadono sogni come nel pozzo la sua curva d’albume

ma se apro la bocca la sua luccicanza mi pettina in gola l’amore
così ch’io possa stivarmi d’eterno

mentr’ebbri ginocchi allunati danzano i primi fiori d’aurora dietro l’universo
dove nacque il desiderio che partorì di luna

eccomi nel tuo letto appeso trecciato di chioma alla tua
legando i destini nel dorso con filidarianna di sole

lunisolare la mia pelle a fresco nelle tasche che il tratto di sanguigna inveri
così che il sogno cammini desto tra i miei talloni scalzi

André Che Isse

L’AURIGA D’ALBUME

come posso raccontarti la dolcezza dell’aria che colleziono?!
potrei farmi monade nel sogno di leonardo e attraversarmi a volo le nari
toccando l’ultima aria prima che s’infili nei pensieri segreti

ma tra labbra bagnate per prime e il sorriso di gioconda
sciente aggalla il senso naufrago di stelle
e mi ritrovo lanterna cinese al largo aurorale allunato

dove frombolieri di sassi piatti sull’acqua sfrigolano l’imbrunire di spuma
così ch’io possa narrarmi d’eterno sanza trono alcuno
e capriolare imperioso lungo l’ipotenusa ebbra di sé

mentre monnalisa mi schiaccia il fiato nella sua gonna di neve affogandomi le gote
e disarcionando le mie ali rubate alla luna
così che nudo io possa raccogliere dove cade il mare il filo rosso delle fragole

André Che Isse

PSICOSTASIA ATEA SUL MIELE

possono apparecchiarti il mondo ma nessuno attraversarti davvero l’essere
come perpendicolare sciente in tessitura dove cade il mare

proprio quando il tuo filodarianna teso tra lo zenit di pensiero e il campo di fiori
ti allungherà il fiato che disegni l’asse rinascimentale di fuga

allorché togliendo il narrabile ne rimarrà curva d’anima solo
scalza immota sciente

che come un michelagnolo a togliere materia per forma d’eroe
così l’ala tua del vero disveli il melo vermiglio di gote

eccomi ora seduto dentro l’ebbrezza che soppesa il mio eterno
notomizzando ciambelle con labbra inzafardate d’albume

mentre non voglio conoscere che la pansofia del mio ziqqurat
apicale pensatoio di nubi

André Che Isse