I VASI PRIMA DEL MONDO

ho rubato la commozione degli dèi e la creta alle nubi
per infilar le dita nella marmellata di un vasaio ebbro

ma ho dovuto affogare nella luna per essere imbavagliato di baci
quelli che schiumano d’immortalità e allungano la chioma nella schiena

ho travasato l’amore sulle vele nere della tua notte eterna
per navigarti dietro le stelle come un cucchiaio per il tuo cuore

uno studiolo custode di nuche scalze dove giocare a prendersi i sessi
quelli che prima che nascesse il mondo già rincorrevamo

André Che Isse

3 STUDI AUTOBIOGRAFICI SU ODETTE DI PROUST

”Anche per l’appuntamento serale,ella [Odette] gli diceva solo all’ultimo minuto se avrebbe potuto accordarglielo,giacché,sicura di trovarlo libero sempre,voleva prima esser certa che nessun altro le avrebbe proposto di venire.”

PROUST

I.

Swann avrebbe voluto condividere il suo tascapane come il suo cuore con Odette,curare quell’amore che li legava da molto tempo,camminare per mano guardando il mare,contare le lune senza staccarsi la bocca di baci,ma la principessina Odette metteva l’amore nella scala dei valori molto al di sotto delle prime posizioni:
un angolo apparecchiato il sabato sera era l’unica concessione per questo amore.
E se Swann osava argomentare il bisogno,almeno di provare,a stare insieme sul serio,lui: -Non posso continuare a costringere il mio amore per te in un solo angolo…se la tua voglia di stare con me non va oltre il sabato sera,le nostre vite dovranno separarsi!- subito Odette lo accusava di volerle imporre le sue condizioni.
E non c’era ragione nella stupidità di Odette: il volere stare insieme alla pari era per lei un’imposizione inaccettabile,come se ‘la legge è uguale per tutti’ fosse un torto per l’umanità,mentre lo stato delle cose attuale era l’unica giusta inequivocabile condotta da seguire,ovviamente per le sue comodità.
Eppure lei voleva essere felice,ma come si può essere felici se non si elegge il cuore a nocchiero?!
Eppure Swann sentiva l’amore tra loro,ma forse era solo illusione,l’illusione che Odette l’avrebbe potuto amare veramente come lui l’amava perdutamente…
Certo! Swann era proprio l’ultimo dei romantici
.

II.

Ci fu un tempo in cui Odette aspettava Swann con la trepidazione di una fanciulla al suo primo appuntamento:
gli apriva la porta del suo villino come si può aprire la porta al sogno più bello: i piedi di Swann non avevano ancora finito di dare peso sulla soglia che Odette era già un corpo unico con la sua bocca: le mani di Odette stringevano fortemente le gote di Swann come un dono degli dèi,e lo baciava fino alla fine del mondo,e a Swann sarebbe rimasto il sapore di un bacio che non può finire mai.
Ma i passi di Odette nel tempo a venire avrebbero cambiato completamente quel primo atto di ogni incontro:
non era un disamorarsi il suo ma una coscienza di sé che progressivamente la isolava dal mondo affettivo:
Odette voleva diventare grande e dominare il suo animo inquieto e caotico da sola.
-Ma come si può abbandonare l’amore che ti copre di peonie candenti,che le luccicava gli occhi di stelle,per un algido pensiero di emancipazione,di libertà dai sogni imparadisati?!- si domandava disperato Swann che l’aveva perduta:
-Lei vuole essere felice…ma vuole poter essere felice da sola!- si rispondeva incredulo,perché a lui pareva un paralogismo:
-Come puoi sottrarre l’amore che dà la felicità per conquistarla asetticamente?! Anche una monaca di clausura per raggiungere l’estasi dell’anima deve amare il suo dio…- E Odette bramava alla felicità,ma sul sentiero sbagliato,asseverava Swann,escluso ormai dalla vita di lei.
Odette credeva di cambiare,di diventare più forte da sola per affrontare il mondo tutto come una polena sulla prua di un vascello,ma i suoi occhi lontano da Swann non luccicavano più come quando gli apriva la porta affammata di tutti i baci dell’eden.

III.

Swann ora s’imparadisava nei giardini: le giornate assolate di tarda estate gli rapivano lo sguardo: soleva cadere estatico di fronte ai sogni degli alberi antichi: a lui sembrava che la loro cima frondosa esalasse la spuma bianca delle nubi come avrebbe potuto fare un sogno che nel primissimo repentino risveglio ti investe più vero sui tuoi sensi appena rinati,e tu te ne rimani lì tra l’incredulità e l’inerzia; un po’ come il suo pensiero svaporante di Odette.
La distanza che Swann aveva posto ai capricci di Odette,al suo servaggio di lui,alla sua inaffidabilità amorosa di lei,stava diventando importante: Swann lentamente andava disamorandosi rinascendo a se stesso come era sempre stato lontano da lei: un ulisside tra le vele e gli dèi.
Anche l’ultima debolezza di lui era stata lei,stupidamente cercando di provocare il suo silenzio,a sollevarlo dalla tentazione di domandare alla sua fantesca sue notizie: Odette le aveva proibito di passare davanti alla sua abitazione per la spesa mattutina.
E ora Swann capiva che lei non l’amasse,lui era soltanto una delle sue risorse,una sua comodità come quelle da cui Odette non riusciva a separarsi per retaggio di condizione sociale,ma certamente Swann non era l’amore per lei,quello che non resiste senza lo sguardo dell’altro,senza i baci che danno al giorno il potere di sognare agli alberi.

André Che Isse

”Può venire il giorno che,vedendomi per sempre allontanato da te,avrai diritto di rimproverarmi per non averti avvertita negli attimi decisivi in cui sentivo che mi sarei formato su di te uno di quei giudizi severi ai quali l’amore non resiste a lungo.”

PROUST

LE PIEGHE DELLA NOTTE

dove si posa lo sguardo inizia il tempo
mi metto le mani in bocca per salivare i pensieri di commozione

ma si nasce solo quando i passi scalzano i talloni allunati
e io m’infilo nella notte come le dita nelle pieghe di una gonna

c’è un bacio sull’eclittica del sole da prima che ci sposassimo gli occhi
che se la sorride aspettando di nevicarci addosso

è possibile che non sia il tuo ma è sicuramente lì per me
e lo curerò con mille cuori e mille gonne a pieghe blu

e imparerò il liuto per un solo amore ancora per sempre
quello che mi ruberà il bacio del sole per regalarmelo dopo i sogni

perché dove poseremo le bocche inizierà il mondo
tu nella gonna a pieghe blu io a infilarci la notte sui talloni scalzi

André Che Isse

CHIOMOSE SCAPOLE DI LUNA

se pettino i pensieri con la bocca apparecchio l’universo
mentre i ginocchi nella luna invaligiano passi leggiadri di gru

ho allungato il fiato perché potesse entrare da dietro le stelle
ogni giorno un solo lungo giorno per sempre

e voglio sentire il tuo naso respirarmi nella nuca
per travasarti i sogni in cui mordi i miei

per pettinarti la schiena d’amore senza toglierti la bocca dalla mia
fino a che non ricominci l’eternità

André Che Isse

L’ALBERO DI MELA

 ho appoggiato la bocca dietro l’universo
e non importa se gli alberi maturano solo una mela
 
è sempre stato solo il primo giorno del mondo
e ho solo danzato la mia anima
 
ecco i miei passi scalzi sui rami
ed è un incanto saperti sconosciuta nella luna
 
per questo ho teso l’arco nelle stelle
e so che in un primo giorno del mondo ti allaccerò i calzari
 
mi basta una mela per amarti
perché ti basterà una mela per amarmi
 
ho preparato la mia vita come un letto d’amore
perché prima di nascere ci sognavamo sui meli
 
André che Isse
André Che Isse L'ALBERO DI MELA
 
André Che Isse all’Avvocato Onegin con stima e affetto la mia opera 1000:
”L’albero di mela”
108×100 cm
opera retroilluminata
agosto 2015

IL TASCAPANE DI ULISSE

ho costruito una serra per l’ebbrezza
mentre fuori dal finestrino le stelle sono ubriache

se metto i ginocchi nei fiori scalzi i talloni uniscono i punti di fuga
e con le dita traccio i cerchi misteriosi alle spalle di rembrandt

il gioco è bello se posso sentirlo eterno
e se non riesci a baciare per un’ora senza mai staccarmi la bocca
non voglio iniziare a conoscerti per sempre

nel tuo sesso madido di neve voglio raccogliere mele
e sugli alberi legare i desideri ai rami

c’è una dorsale che passa dietro l’universo
ci appoggio le labbra nella notte fino alla fine del mondo

André Che Isse

André Che Isse IL TASCAPANE DI ULISSEAndré Che Isse
”Il tascapane di Ulisse”
76×59 cm
creta dipinta cucita su velluto nero
luglio 2015

Taccuino tersicoreo,foglio VI

SE PENSO DANZO

come è dolce distendere un braccio verso le stelle
così come appoggiare il dorso nel cuore

ho pianto guardando l’emozione danzarmi il gesto
e ricominciare l’universo con le braccia di baci

se potessi rovesciare la luna le toccherei il sesso dei sogni
mentre la bocca ti pettina la nuca

quando danzo un filodarianna tesse il sogno al cogito
e i ginocchi appoggiano il primo giorno del mondo

André Che Isse

André Che Isse
”Taccuino tersicoreo,foglio VI”
31.7.2015
luci e ripresa: Rosario Santimone
musica: Arvo Part ”Mozart-Adagio,for violin,cello & piano”

TI HO APPARECCHIATA DI BACI ETERNI

ho scolpito i pensieri fino a diventare stelle scalze
corpi immortali in parole d’inchiostro

ho sussurrato l’infinito per caderci icario senz’ali
con ginocchi nati su lune giganti

ho danzato i baci mai dati come un dio amoroso
non staccando mai il cielo dalla nuca

ti ho vestita dèa per camminare le nubi
con talloni rubati alle fate dietro l’universo

ed è come scettrarsi di baci cavalcando comete
afferrandoti la coda quando mi guardasti la prima volta

si può dire che ci spiammo l’amore prima di nascere
prima di svegliare gli dèi per colazione

André Che Isse