UBRIACO D’EQUILIBRIO

poetare è incidere la leggiadria dell’attimo increato

quando tutto cangia il già stato rimane per sempre

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allora il corpo sta all’estate come l’ala inazzurra

e i bracci come lenzuola stese al sole: bilancieri d’estasi

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indaco prima e dopo i pensieri

tra l’invenzione della ruota e il suo stupore: il respiro-sciente dell’Esserci!

*

sono transverberazione dell’attimo come neutrino nauta immoto

così da squarciare l’Esserci in positura eternale ebra

*

e se equilibro il quadrivio degli arti in Essere soltanto

l’alma sarà punto di fuga rinascimentale scalzo

*

e ogni levità sarà il silenzio tra le crome, lo spazio asciutto nella pioggia

quello spazio dietro l’universo che ha la stessa sostanza del guardo gaudioso

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André Che Isse

I GINOCCHI DA TAGLIAMARE SCALZI

ausculto i ginocchi prodieri curvare l’aria prima del mondo
<<danzo per curvare la leggiadria!>>

ma cos’è il giorno dell’uomo se non uno scampolo d’eterno?!
l’eterno stesso è l’argento sciente dell’attimo!

le dita nel barattolo delle curve fino in fondo
come l’idea dietro l’universo curvi l’elisio per sé

dove finisce l’universo saranno i ginocchi per primi a farne <<tana!>>
ma una danza ancora prima di tornare indietro in controluce di stelle

mille capogiri d’universo,mille gaudi in arcioni,due gote d’amore
prima di svaporare d’eterno come argento di fumo

se cammino la leggiadria è perché la coltivo in erbari
le mani sugli occhi per vedere la notte curvarsi d’amore

André Che Isse

LA COLTURA DEL QUOTIDIANO ETERNO

ecco,metto in fila le nubi come un poeta le parole per arcarle con gesti levi
per infilarle nelle ore,nel cuore dell’istante vermiglio

c’è un momento della notte che entra in dorso di dioniso come punto di fuga rinascimentale
dove tutta la vita d’un uomo s’accuccia per distillarne l’ebbrezza in silenzio barocco

ti dirò cosa ho fatto della mia vita:
un solo momento eterno!

ma non so dire se infilo le dita nelle stelle o ne conto le punte in guardo
come un passionario d’angol’inaurati che conosce dove abbronza l’eterno

ho un erbario per accogliere la prima goccia di pioggia che tocchi terra
chissà se la prima ora del mondo sia stata madida altrettale in fiore

certo è il mio stupore che attraversa 12 universi in un gesto curvo
una curva piegata d’estasi: la curva ebra dell’essere

André Che Isse

I GINOCCHI NELL’ORO

non è forse il sole bracci di fuoco danzanti?!
come i miei ginocchi igniti ad angolo di stella
allora ch’io possa danzarmi acceso ridde di fari alessandrini!

così che la materia dell’aria si curvi leggiadra al passare dell’esserci
monade per tutte le curve eudemoniche inaurate
carezza al fiato sciente per zangolatori ebri

hai mai ascoltato la bocca stendersi per sorridere?
è come aratura di comete
lentamente, ma più veloce della luce nel diamante dell’iride!

cos’è questo mio poetarsi addosso?
non è forse già eternità indossabile?!
è il sole invece del sangue!

André Che Isse

LA PIEGA BAROCCA DEL TEMPO

se ad ogni istante l’attenzione stuporosa fosse all’erta
tanto quanto in un foglio di carta gualcito se ne possa ammirare il labirinto degli angoli
si potrebbe afferrare una piega di tempo come una lecconeria elisia
e la somma delle crespe ne darebbe uguale a infinito

l’eterno per il bavero dunque tra i diti, 1001: aldebaran,1002: antares
1003 in angolo d’increspatura sciente scolpita da un michelagnolo ebro

ed io ho annodato il cielo al guardo così che la mira fosse di stella!
e la distanza dei desideri lieve come nubi barocche

non si è immortali inscrivendo res gestae in istoria
ma quando la propria poetica sia la più sublime a se stessi
e non sarà la lunghezza del giorno a fare l’eterno
ma la coltura delle pieghe in fiato

André Che Isse

IL LUOGO SACRO DEL FERIALE

spinsi i bracci oltre la curva del gaudio
dove le gote sono chiostro sull’albero
e braccia snudate al sole mi portavano implumi la levità dell’ala

albergo l’anima in luogo sacro di feriale
florilegio di pensieri inaurati in erbario sciente
dove talloni scalzi nascono il giorno

allora invaligiai nubi dal meriggio all’eternità
veleggiavano il cielo come vascelli di fiato
da quintessenziare il feriale a festivo perenne

c’è una piccola curva dove al labbro alto sembra interrompere la sua volta
un’ansa nel mezzo dove ormeggiare tutto l’umore del mondo amoroso
qui il giorno è uguale a se stesso,eternale primo bacio

André Che Isse

LE BALENE SUL TETTO SONO LEGGERE COME LANTERNE CINESI

ho cantato come balene sui tetti allunati di chagall
e raccolto guardi di stelle per mettermi in tasca le mani nell’eterno

essere compresi dalla sfera del sole e sentirne la luccicanza nei pensieri
sapere che il nostro cuore ha lo stesso tamburo della radiazione cosmica di fondo

ecco perché corro nel deserto fino a rimanere di sola molecola di fiato
solo allora potrò perderla nella tua bocca nuda in mezzo al guardo scalzo appeso

tutto quello che c’è da fare è solo aprire le braccia per toccare le sponde delle vene
sussurrarne tana! e barrire la luna e capriolare le gote ebre di buccina abbronzata

mi distendo come lenzuola d’estate in cortile
gaudioso d’eterno

mentre tra il primo giorno del mondo e la morte del sole sgranocchio sommommoli
contando i secoli con le dita inzafardate di risa

André Che Isse

GRAPPOLI DI ETERNO

mi sono seduto tra le gocce di neve a ginocchi conserti
e ho rivoltato le tasche dal tempo per stivarle di tuoi girotondi

quando m’infilo tra le gocce da quello spazio asciutto
posso affogarmi nella neve del tuo guardo per sempre

le balze della tua gonna torno il mio desiderio
mi tengono la geometria di roccaforti fluttuanti
sorte nell’oro del tuo moto ninfale
per approdarmi ancora nel fiato della cupidità vermiglia

e mentre lei rideva lui ora sapeva come ridono i fiori
infilati nella commessura dei baci come testata d’angolo

ecco come avanzo nel giorno su talloni d’arciere mirandoti il riso
quando ti accorgesti le righe di sole nel dorso mentre le pettinavi

André Che Isse

GLI ORTI DEGLI ANGELI

oggi vi racconterò di talloni eudemonici calcagni ebbri di dioniso
non morire ancora amore adesso sei troppo infelice per morire

un cembalista che accorda il suo virginale è felice
il suo filodarianna non si compra al mercato lo possediamo prima di nascere

il cuore che annotta se stesso per paura del giorno non uccide solo te
tu non sai che ogni ora trascorsa a smemorarti ti allontana dalle stelle

è possibile che l’unica eternità stia nella segreta di un attimo
proprio dove il filo ocra di cera prende fiato tra la notte e il fuoco

nella cruna del tempo è l’occhio verticale del fiato cosciente
e se la cimento tra la mia bocca e la tua un filodisaliva sarà teso per sempre

c’è una sola strada per i talloni di dioniso e passa dal sidro del cuore
ma puoi sempre morire giovane senza salire sugli alberi di mela

André Che Isse

CRUNE DI BOCCHE

solo un bacio al centro dell’universo
come un punto di fuga rinascimentale da cui tutto inizi

se dovessi invaligiare una cosa soltanto sarebbe un bacio
abbandonando l’universo con un bacio infinito nelle tasche

appoggio le labbra sulle labbra tanto quanto l’amore inventò l’uomo
tanto quanto i fiori hanno desiderato il sole

ascoltate l’invisibile nella segreta della bocca
il cuore che rimbalza sul tetto del palato come bolle di sapone

bolle adamantine dietro l’universo
dove gli amanti si eternano con solo valigie di baci

come posso lasciare i miei talloni sulle strade allunate
se non hanno la pelle della tua bocca stivata bi baci

André Che Isse