BARRENDO SUITA’ SCALZA

raccolgo fiori non per i vasi

per pettinare la luna

fantasiarne sesso di stelle in gonne a pieghe

*

narrami dove finisce l’universo!

il chiosco barocco prima del nulla

i baci mai dati dietro l’universo vermiglio

*

follemente innamorato dentro la luna

ho auscultato vaporare il fiato che materiava le nubi

e barrendo suità scalza ho inventato il mio nome d’arciere

*

così che mirando l’ali il cielo stivasse il pensiero di fiori d’argento

curvando d’inchiostro i bracci di nijinsky sul muro giallo di proust

così ho inzafardato d’ebbrezza baudelairiana l’archè dedaleo

*

André Che Isse

LA PIEGA BAROCCA DEL TEMPO

se ad ogni istante l’attenzione stuporosa fosse all’erta
tanto quanto in un foglio di carta gualcito se ne possa ammirare il labirinto degli angoli
si potrebbe afferrare una piega di tempo come una lecconeria elisia
e la somma delle crespe ne darebbe uguale a infinito

l’eterno per il bavero dunque tra i diti, 1001: aldebaran,1002: antares
1003 in angolo d’increspatura sciente scolpita da un michelagnolo ebro

ed io ho annodato il cielo al guardo così che la mira fosse di stella!
e la distanza dei desideri lieve come nubi barocche

non si è immortali inscrivendo res gestae in istoria
ma quando la propria poetica sia la più sublime a se stessi
e non sarà la lunghezza del giorno a fare l’eterno
ma la coltura delle pieghe in fiato

André Che Isse

IL SASSO NEL SILENZIO

e se la notte fosse un sasso nero?!
dove sedersi ad aspettare l’anima!
lo lancerei nel giorno al meriggio come luna nel cuore del sole

ma c’è un momento prima della notte dove si può camminare la luna
quando il sole ha i ginocchi nell’oro e i sogni attraversano l’orto di higgs
proprio sull’ipotenusa ebra di dio

allora donare leggiadria è investire con sostanza di nubi
mentre imparo nel loro silenzio imperioso a danzare l’arco di ulisse
quello che curva il pensiero per massa ebra d’idee

ho danzato prima dei meli cupido foriero ignudo eudemonico
catafratto di silenzio increato
e ho raggiunto i bracci alle dita per iniziare il mondo davvero

André Che Isse

PELLE DI POESIA

disteso nel silenzio dei fiori
m’innamoro

dell’aria che entra ed esce dai miei pensieri
e gonfia l’essere come vela d’uccello

dell’estate che mi cammina scalza in bocca
e dove l’eterno è nudo

del frinire muto di nubi
che trama d’albume la chiomazzurra gentile nell’iride sciente

e di questo silenzio adamantino sui ginocchi
che solo un dio avrebbe potuto vestire

steso come lini al sole e dita infilate in compostiere di neve
danzo ebbro inzafardato d’amore

André Che Isse

VELE DI VENE

qual’è la forma del mondo che fermeresti per sempre?
quale felicità merita di soffiare il flauto di pifferaio per cadere il mondo?

ma sono così d’incanto le nubi che mutano l’istante!
e il loro silenzio non è forse la velocità della luce nel cuore?!

non c’è da fermare il mondo ma la vita non nostra!
quella forma di vita che non entra nella sua forma dell’anima

edificare sul cuore è l’unico palazzo che può non tarpare le nubi
è l’ala di stella tra i bracci di fuoco!

ecco perché vivo dietro la luna dove l’aria nelle stanze scorre come vene
un vascello più antico del mondo dove calzare il coturno d’auriga nudo

col gesto pantocratore a sanguigna che fa arrossire l’albume di nubi
che meraviglia che non si possa fermare l’eterno!

André Che Isse

CHAPERON PER NUBI

foriero nauta silente dietro l’universo
tesauriere aurorale di fiato increato

raccolgo albume di nubi in canestre caravaggesche
quanto giallo van gogh su piccoli muri proustiani di sole

eccomi nell’unico giorno che conosco,scalzo su pedali e guardo di nubi
la prima ruota inventata è la stessa con cui danzo la curva del braccio

sono di dioniso icario più di quanto lo furono gli dèi
perché chi pettina lena di nubi cura la chioma dell’essere

cos’è vivere se non capire come sorridono le nubi?!
seguirne la rotta come ruote in solchi di neve

senza perderne disegno né nero di china sull’albume
così che nudo auriga alberghi ebbro tra neutrini di gote

André Che Isse

UN BATTELLO DI CIPRIA

se faccio un nodo in una nube
mi posso ricordare i ginocchi sulla luna

quante volte ho ormeggiato stelle tra le scapole
tante quanto i dorsi dei pensieri

non so vivere senza sapere di essere nato ora
proprio adesso che cammino scalzo sull’infinito

se potessi fare un nodo nel fiato
ci metterei il ricordo dell’eternità

André Che Isse