BARRENDO SUITA’ SCALZA

raccolgo fiori non per i vasi

per pettinare la luna

fantasiarne sesso di stelle in gonne a pieghe

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narrami dove finisce l’universo!

il chiosco barocco prima del nulla

i baci mai dati dietro l’universo vermiglio

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follemente innamorato dentro la luna

ho auscultato vaporare il fiato che materiava le nubi

e barrendo suità scalza ho inventato il mio nome d’arciere

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così che mirando l’ali il cielo stivasse il pensiero di fiori d’argento

curvando d’inchiostro i bracci di nijinsky sul muro giallo di proust

così ho inzafardato d’ebbrezza baudelairiana l’archè dedaleo

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André Che Isse

L’ALBUME DELL’ALA

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bastevole un fremito arcato come molecola dell’ala
la curva ebra del fuoco
per toccare il costato dell’infinito
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ed io m’infilo nell’infinito come le dita nel miele vermiglio!
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del resto se non fossimo dèi non penseremmo
mentre le nubi si baciano in bocca per materiare l’albume dell’ala
per gonfiare le gote agli amanti
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così che le labbra aiutino l’universo a trovare gli dèi!
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quando capii che il pensiero inazzurrava il cielo inventai la ruota per le ali
e allora diedi il mio dorso d’arciere a prassitele per fantasiarne l’ulisside
per lanciarmi dal sesso della luna senz’ali
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innamorarsi follemente dentro una stella è farla nascere scalza!
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André Che Isse

LA COMMOZIONE GAUDIOSA NEL MOVIMENTO ANGOLARE DEL COGITO

dove finiscono gli alberi iniziano le mie tasche
dove finiscono le mie tasche fioriscono i ciliegi

la bellezza è quella molecola dell’anima che il guardo scocca
e ciò che ci affattura è narciso al suo riflesso, la nostra anima nello specchio del mondo

di un giorno mi accuccio in un’ora e sul suo limitare trovo un punto di eterno
così come capire una cometa che attraversi la cruna di un’idea

perché la curvatura della singolarità è il gomito di un danzatore dietro l’universo
tanto che tatuando se stessi sui bracci si possa conoscere come nascano le stelle

per questo ho camminato dove la luna arrossa le gote agli amanti
sul suo periplo ebro ausculto lo spazio fisico del pensiero d’argento

e se beccheggio immoto i diti sull’aria, l’esserci trova la radiazione sciente di fondo
proprio mentre nelle mie tasche si curva la commozione dei ciliegi

André Che Isse

I GINOCCHI DA TAGLIAMARE SCALZI

ausculto i ginocchi prodieri curvare l’aria prima del mondo
<<danzo per curvare la leggiadria!>>

ma cos’è il giorno dell’uomo se non uno scampolo d’eterno?!
l’eterno stesso è l’argento sciente dell’attimo!

le dita nel barattolo delle curve fino in fondo
come l’idea dietro l’universo curvi l’elisio per sé

dove finisce l’universo saranno i ginocchi per primi a farne <<tana!>>
ma una danza ancora prima di tornare indietro in controluce di stelle

mille capogiri d’universo,mille gaudi in arcioni,due gote d’amore
prima di svaporare d’eterno come argento di fumo

se cammino la leggiadria è perché la coltivo in erbari
le mani sugli occhi per vedere la notte curvarsi d’amore

André Che Isse