IL SILENZIO BAROCCO SCALZO

creo ad ogni istante perché invento il mio tempo

l’idea che inventò la ruota è la mia ebbrezza quotidiana!

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poi ho inventato il silenzio

un silenzio barocco scalzo

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dove un dedalo sidereo nacque aranceto odoroso

in cui m’infilo tra pieghe bizantine scienti di voluttà

*

allora imhotep apparecchiò per me il sole filosofale

quando cammino nella neve m’innamoro

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ho creato ciò per cui nacqui, ad ogni molecola dell’Esserci il suo disio

così ho capovolto gli alberi per entrare le radici nel sole

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madido di silenzio fantasio virginalisti elisabettiani blu

i ginocchi nella curva del silenzio salgono alberi di fragole

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André Che Isse

GLI ORTI PETTINATI A CHIOMADORO

raccolgo il pensiero dei gigli scalzo

chimerizzo alberi di gigli!

dove arrampico fino alle nubi per la spuma del bianco

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un notturno di chopin è più d’argento che d’albume?

o forse la poesia non è che l’odore cosmico di fondo?!

quelle chiose che inzafardano la luna a me paion voci!

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sussurri di guardi per angolo acuto d’un bacio

per innamorarsi così tra le rose nude e gli orli a pieghe di cotone blu

sai! il broccato sta alla pelle come i petali al poeta

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e l’ambra nel calice come bocche ebre d’amore

allora saprai dell’amore solo quando i ginocchi uno alla luna l’altro nel sole

Esserci nel sole per l’ala d’argento dell’Essere, bouquet di cogito aulente

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André Che Isse

INCRESPATURA D’INFINITO

immoto nel cuore del sole

se ne distendo il braccio d’arciere <<tana!>> nel mondo

così m’avvolgo in crespatura d’infinito

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l’oro del sole sulle gote è sapiente di almeno 30.000 anni

se questo non è già bastevole per vivere stupefatti !?

e così raccolsi il sorriso di una rosa proprio dove il sole l’aveva nutrito

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dall’alma ai diti nel miele un filodarianna d’ipseità inaurata

un solo segmento eudemonico

mentre m’infilo tra le pieghe della tua gonna blu

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appetii di Essere!

e subitamente m’inventai l’ali per annodare chioma al cielo

la prima ruota gaudiosa per l’infinito ebro

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André Che Isse

LA MATERIA DELL’ARIA

sussurro parole barocche di silenzio

nella pioggia tra le gocce alberga il sole

l’elisio non è mai stato così vicino

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qui si tratta sempre di sceverare il cielo dal vaniloquio!

salire le scale come gru del giappone

e poetarsi illeggiadriti ebri dietro la luna vermiglia

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piccole cose profonde per sempre

un haiku dal sapore di arance

e raccolgo gl’incanti come fiori

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quando soggiorni nell’anima la bellezza è già materia dell’aria

e l’ala si curva dove il cogito goffri l’attimo

allora posso disceverare la leggiadria molecolare col guardo eudemonico

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André Che Isse

DIMA GAUDIOSA!

seduto in mezzo la notte ho l’universo tutto: l’esserci!

prima del sole l’idea del sole

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la mia curva del braccio è esedra noumenica per arco d’ulisse

algoritmo eudemonico di mille comete giallo van gogh per ipotenusa allunata

*

quale misura possa girotondare l’universo con metro da sarta?

beh! l’estasi per suità vermiglia sull’albero più vicino la luna!

*

così che la misura del passo allunato sia pari a qualità di pensiero disioso

cribrando il lemma elettivo al bizantismo desossiribonucleico

*

fu proprio per capire il barocco la monade curvata per massa emozionale

a fantasiarne poi pieghe eternali come labirinti a brame odorose

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c’è un filodarianna nel cuore di un sole nato d’iride ignuda

attende solo il suo guardo come dima gaudiosa dell’essere

*

André Che Isse

BARRENDO SUITA’ SCALZA

raccolgo fiori non per i vasi

per pettinare la luna

fantasiarne sesso di stelle in gonne a pieghe

*

narrami dove finisce l’universo!

il chiosco barocco prima del nulla

i baci mai dati dietro l’universo vermiglio

*

follemente innamorato dentro la luna

ho auscultato vaporare il fiato che materiava le nubi

e barrendo suità scalza ho inventato il mio nome d’arciere

*

così che mirando l’ali il cielo stivasse il pensiero di fiori d’argento

curvando d’inchiostro i bracci di nijinsky sul muro giallo di proust

così ho inzafardato d’ebbrezza baudelairiana l’archè dedaleo

*

André Che Isse

PAVANA PER PICCOLI FREMITI GAUDIOSI

ho inventato la ruota con la curva dei bracci

all’orlo delle cose frinisce il bizantismo dell’anima

.

col guardo traccio bellezza a carbone d’aedo

e poi lucido le parole con le ali

.

ti ho regalato il dorso più bello del mondo!

la bocca affogata tra le scapole d’argento

.

se piego carta di riso in mille angoli di luna

apparecchio il barocco per curvare fiori scalzi d’inchiostro

.

e la luccicanza nell’angolo dei baci è nascita di stella

filodarianna di saliva rugiadosa vermiglio

.

sorgo moai ebro a chiorba di nubi

vagheggiando il sole dove snuda il cogito

.

André Che Isse

IL CROGIOLO LUTATO A SEITA’ EBRA

l’eudemonia si raccoglie tra gli spazi vuoti dell’atomo
in ammutata atopia interstellare blu-notte-arcata-ebra
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qui non si tratta di essere rivoluzionari! ma cometa sciente a numero primo
così monade per l’universo! da perambularne il dorso
*
l’euforia è labile! ma non l’eudemonia a coltura barocca per messi elisie
eccomi anche per un solo eterno ma così stupefacente da esserci di nuovo
*
e di nuovo monello novello scalzo sull’albero al primo giorno del mondo
e pantocratore gaudente tiramele vermiglie a campitura ignuda
*
ora, annodo il pensiero delle nubi all’ipotenusa d’ipseità
tanto che ziqqurat scalzi d’argento allunino commozioni adamantine piene
*
piegando il tempo inventai la ruota per frinire coll’ali l’elisio
la Grandezza, l’Eudemonia, e il Barocco albergano in piega alchemica
*
André Che Isse

IRREFRAGABILE EBBREZZA!

mi goccia opima estasi prima del mondo
in mezzo danza dioniso d’irrefragabile ebbrezza

e allora sarò tedoforo adamantino per-seità ardente dietro l’universo!
fino all’ultimo quanto gaudioso snudato

così coltivai l’eterno sull’ipotenusa dell’essere
stivando in tasca molecole eudemoniche increate

mentre lascivisco ancora in pieghe barocche fattizie
tanto da ruscellarne d’argenti allunati scalzo

quanto disbrami la sostanza dei sogni di cui sono fatto
materiato di fiaba che nacque per me prima di antares

le parole di un poeta sono i suoi sogni!
e i miei sogni sono il mio quotidiano inverati

André Che Isse

LA CURVA D’IPOTENUSA EBRA

si prenda un’idea e la si lanci dietro l’universo come sasso piatto sull’acqua
mentre dal talamo si coltivi pieghe di luna

ora, se m’arco d’ebbrezza sul lato più lungo del fiato
potrebbero i ghiacci curvarsi a pieghe barocche di lino

perché l’eterno è la prestezza minima, il passo più corto dell’anima
e la coltura del silenzio è dove si muove il tempo

i ginocchi per salire i ciliegi devono esserci omerici
a patto che si disocculti ogni seità vermiglia

e quando il piacere attraversa scalzo la passione
si contrappunta l’elisio al gaudio

tanto che girotonderò auriga sull’orizzonte degli eventi
fino a mille per mille attraversamenti di cruna increata

André Che Isse