ὀμϕαλός

appoggio il gomito tra l’aere e il cogito

con la sola giustezza tra due punti che curvi l’eterno

*

quando inspiro-sciente un portale di gigli m’esonda in fiato

come veliero d’inflorescenza per suità tra multiverso e ora

*

ho curvato ogn’istante al torno dell’alma per tombolarvi come tuffatore nell’oro

uno spaziotempo chimeroso per Esserci davvero!

*

ed ora coi bracci cerchio l’Essere danzando:

si narra che forando un foglio piegato in due si attraversi galassie

*

è come scivolassimo nell’Essere come pelle stellata di notte d’estate

col fiato caldo nell’onfalo dei palmi a guscio d’Esserci

*

quel punto di fuga rinascimentale a cui tutto giunge dopo il volo

è proprio quando non hai più bisogno d’ali che il dorso ha la stessa sostanza d’elisio

*

André Che Isse

TRASECOLO INGORDO D’ARGENTO

madido d’ali
mille volte il giro della luna ebra
ancora al sole dalla bocca tracanno il grasso delle stelle
e infilo i diti nell’esserci come ciliegi nascenti in giulebbe
.
m’estollo ad ogni lecconeria di fiato
come increato su ginocchi inaurati
calligrafo a curvatura eudemonica
eliotropico odoroso di luccicanza
.
la confettura di un gomito di nubi può contenere mille angoli di luna
se la curvatura dei bracci alberghi il senno di una nube
perché ogni ebbrezza è stata inventariata prima del mondo
e ancora dardeggia nel lucore dell’iride
.
André Che Isse

LE MACCHINE PER I FUOCHI D’ARTIFICIO

quando danzo la curva del gomito sul palmo ormeggio angoli di stella
così che i bracci possano impollinare il mondo a levità ebra

voglio misurare il mondo in curve d’eterno coi diti inazzurrati nel miele!
perché ho un’iride allunata mentre l’altra è nel cuore

ho sentito rinascenza infiarmi i bracci ogni volta d’icario arrovesciato
che invece di cadere a terra leva l’ala dietro a luna

ecco allora che allungando il fiato posso seminarci la curva dei fiori
l’erbario elisio dietro l’universo scalzo

ho costruito il labirinto per trovarmi
la machina eudemonica è ad arco ulisside

la notte ha più ali che stelle perché il pensiero curva i desideri allunati
ed io ho costruito la mia machina eudemonica come lionardo le sue

André Che Isse

ACQUARTIERATO D’AMORE

infilo il gomito nel desiderio sparso di molecole
arcando il polso per accogliere una piccola curva di leggiadria

forse quando cerco il gomito è toccare con mano l’angolo del mondo
e auscultare la direzione di una stella fino alla tana in fondo all’infinito

sto in piedi come un guardo alessandrino scalzo e la chioma in arcioni
mentre alchimio l’esserc’ignudo in eclittiche a filodarianna ebro

così i cerchi nel dorso di rembrandt saranno le mie orbite dietro l’universo
nonché la scala elicoidale che investe l’anima sciente d’al’inaurate

ho tolto tutto il narrabile solo per l’angolo di ginocchi gaudioso
e ne ho annodato i palmi alle dite barocche come sciamano amoroso

allora non mi muoverò dalla luna fino all’ultima radiazione cosmica di fondo
perché sono follemente innamorato d’ogni fiato d’argento che m’alberga

André Che Isse

LA CURVA DEI FIORI

se allungo il respiro il fiato mi batte la curva della nuca
esondandomi a leggiadria i pensieri inaurati

c’è la-misura-sciente-dell’anima che curva l’eterno
come s’arca il guardo affatturato dai fiori vermigli

da piccolo avrei desiderato diventare il più folle eccentrico
poi arrivò il mio turno di essere-e-basta

ecco allora ostendersi una vita che non ha bisogno di narrarsi
è il cucito stesso dei fiori la curva eudemonica

il mondo ha già inventato tutto ma non quello che può essere il tuo dna!
se soffio sull’entropia posso giungere all’inizio del mondo

ma cos’è che conta veramente per sé se non la velocità della luce immota nell’iride
e poi m’innamoro di poiesi ogni volta che si danzi i ginocchi scalzi scienti sui meli

André Che Isse

ANGOLI DI ETERNO SCIENTE

il silenzio dei fiori profuma il cuore della luna
mentre la curva della notte sfrigola filidarianna dietro l’universo

io seggo in oro di girasole ebro
là dove il mare risale alle stelle

ogni momento è bivio d’anima od iscena
una: eudemonica eternale, l’altra: attoriale

perché ci sono i sogni sbagliati o le ali nel dorso!
ed io ho coltivato ali con ipseità molecolare per i ginocchi ebri

allor che disvegliarsi fosse ogni giorno apparecchiamento gaudioso!
prima del cielo l’aria alberga angoli d’antimateria scalza

il silenzio dell’estasi è la curva d’eterno
a quo: dove principi il fiato sciente, ad quem: là dove cade il mare

André Che Isse

L’ALGORITMO NEL DESERTO

mille passi scalzi su lama di duna labile
un pugno di molecole gaudiose in tasca

alambiccami musa come faresti con l’universo!
senza perderne neppure una gugliata di neutrini dallo stame infiato

come arciere stilita lascio transustanziarsi idee icarie ebre
mentre eiaculo desiderio molecolare in-florescenze racemose nude

una feluca di sabbia su ali di sole arcata in sesso di luna
quanto l’ipotenusa in fiato discenda sciente dietro il pensiero

soltanto in segreta di deserto lo strale incoativo stampiglia il primo frinire
così che nacqui elettivo su ginocchi di filodarianna ebro d’apollo chiomoso

se un sasso piatto per pelle d’acqua viene lanciato in deserto assolo
la curva tracciata sarà l’algoritmo d’anima ignuda al guardo sidereo

André Che Isse

SOPRAFFATTO D’INCANTO

così come avrei potuto essere altrimenti da ciò che sono
ma non è stato
sono universo raccolto un passo dopo il nulla
un passo d’incantamento

là dove si contrappunta il silenzio con se stesso
sussurrato in fiato

così turbinato d’amore
da nascere il primo giorno del mondo
e ogni passo uno stupore più grande
come un solo d’ali implumi

eccomi a contare molecole come si farebbe per le stelle
ebro più di loro nel cuore

André Che Isse

PAVANA D’APNEISTA IN FILODARIANNA

trasmuto seguendo il tamburo delle stelle
archimio dita nel miele in teurgia sciente

mentre m’infilo le gote in cruna di riso tessendone ginocchi a luna ebra

l’ipotenusa del fiato scende in segreta di cuore scalzo
nel pozzo di alice le meduse scivolano su neve aurata

ma muto il raccoglitore di fiato aspira come otre ulisside in coffa dietro l’universo

tra l’eterno e il piacere m’innamoro follemente
tra silenzi d’oro al sole e gaudi ignudi eiaculati

c’è qualcosa che mi fuoriesce dalla pelle come una radiazione eudemonica di fondo

una levitazione dell’essere in curva di fiore
quando immergersi tra molecole è chiave d’universo

ecco allora la terra promessa del cuore lì a mezz’aria nel mezzo di fiato sciente

André Che Isse