M’AGGEGGIO D’ELISIO

accade ai fiori scalzi
un gesto ebro muto buccinatore d’argento
ed eccomi alle crome dell’esserci ignudo

m’aggeggio d’elisio su ginocchi sciroppati di sole
argomentato millanta di ali

albergarsi d’infinito
arrovesciare l’anima per mirarla
appenderne la pelle alle pareti per caderci dentro

se dal nulla posso pensarmi addosso in psicostasie orizzontali
allora sarò nascita nuova ad ogni fendente d’iride
seità contrappuntata a comete di fuoco
sino alla fine elisia del dissenno nadirale

André Che Isse

LA CURVA D’IPOTENUSA EBRA

si prenda un’idea e la si lanci dietro l’universo come sasso piatto sull’acqua
mentre dal talamo si coltivi pieghe di luna

ora, se m’arco d’ebbrezza sul lato più lungo del fiato
potrebbero i ghiacci curvarsi a pieghe barocche di lino

perché l’eterno è la prestezza minima, il passo più corto dell’anima
e la coltura del silenzio è dove si muove il tempo

i ginocchi per salire i ciliegi devono esserci omerici
a patto che si disocculti ogni seità vermiglia

e quando il piacere attraversa scalzo la passione
si contrappunta l’elisio al gaudio

tanto che girotonderò auriga sull’orizzonte degli eventi
fino a mille per mille attraversamenti di cruna increata

André Che Isse

LA CENTRATURA EBRA DELL’ESSERCI

ho danzato in segreta di rose vermiglie consertando i sepali coi bracci
così che un dedalo fosse il mio nartece aulentissimo
e ne curvai per 12 lune coi bracci la gentilezza dell’aria su filodarianna oro
alzando i bracci nel silenzio delle ali in giallo di stella

disbramo l’esserci a curva di fiore come bouquet di capricci noumenici
che archino l’ulisside a primo uomo chimerizzandone il mondo in iridi al miele

mi sono ubriacato di pieghe barocche sull’orizzonte degli eventi
così tanto da girotondare due volte l’eterno coi bracci
tanto da musicarne la notte in curve d’estasi ebre
a contrappunto scalzo su radiazione cosmica di fondo elisia
 
allora ho ascoltato allettarsi la neve transverberando il silenzio d’albume
nella parte più ebra della bocca
 
André Che Isse