GLI ORTI PETTINATI A CHIOMADORO

raccolgo il pensiero dei gigli scalzo

chimerizzo alberi di gigli!

dove arrampico fino alle nubi per la spuma del bianco

*

un notturno di chopin è più d’argento che d’albume?

o forse la poesia non è che l’odore cosmico di fondo?!

quelle chiose che inzafardano la luna a me paion voci!

*

sussurri di guardi per angolo acuto d’un bacio

per innamorarsi così tra le rose nude e gli orli a pieghe di cotone blu

sai! il broccato sta alla pelle come i petali al poeta

*

e l’ambra nel calice come bocche ebre d’amore

allora saprai dell’amore solo quando i ginocchi uno alla luna l’altro nel sole

Esserci nel sole per l’ala d’argento dell’Essere, bouquet di cogito aulente

*

André Che Isse

LA CENTRATURA EBRA DELL’ESSERCI

ho danzato in segreta di rose vermiglie consertando i sepali coi bracci
così che un dedalo fosse il mio nartece aulentissimo
e ne curvai per 12 lune coi bracci la gentilezza dell’aria su filodarianna oro
alzando i bracci nel silenzio delle ali in giallo di stella

disbramo l’esserci a curva di fiore come bouquet di capricci noumenici
che archino l’ulisside a primo uomo chimerizzandone il mondo in iridi al miele

mi sono ubriacato di pieghe barocche sull’orizzonte degli eventi
così tanto da girotondare due volte l’eterno coi bracci
tanto da musicarne la notte in curve d’estasi ebre
a contrappunto scalzo su radiazione cosmica di fondo elisia
 
allora ho ascoltato allettarsi la neve transverberando il silenzio d’albume
nella parte più ebra della bocca
 
André Che Isse

LA COMMOZIONE GAUDIOSA NEL MOVIMENTO ANGOLARE DEL COGITO

dove finiscono gli alberi iniziano le mie tasche
dove finiscono le mie tasche fioriscono i ciliegi

la bellezza è quella molecola dell’anima che il guardo scocca
e ciò che ci affattura è narciso al suo riflesso, la nostra anima nello specchio del mondo

di un giorno mi accuccio in un’ora e sul suo limitare trovo un punto di eterno
così come capire una cometa che attraversi la cruna di un’idea

perché la curvatura della singolarità è il gomito di un danzatore dietro l’universo
tanto che tatuando se stessi sui bracci si possa conoscere come nascano le stelle

per questo ho camminato dove la luna arrossa le gote agli amanti
sul suo periplo ebro ausculto lo spazio fisico del pensiero d’argento

e se beccheggio immoto i diti sull’aria, l’esserci trova la radiazione sciente di fondo
proprio mentre nelle mie tasche si curva la commozione dei ciliegi

André Che Isse

LA PIEGA BAROCCA DELL’ESTASI

LA PIEGA BAROCCA DELL’ESTASI

il silenzio dell’estate è l’estasi dell’uomo ebro
c’è una commozione gaudiosa in un meriggio scalzo
un silenzio materiato di elisii
dove la sostanza eudemonica è silenzio del sole

se prendo l’eterno e ne seggo in mezzo
non avrò ancora più di un giorno?!
un giorno lungo tutto il tempo del mondo!
col guardo che curvi il silenzio in elisio

non pensa forse un fiore in pelle di silenzio?!
un silenzio nato dietro a increspatura d’universo
una piega barocca dell’estasi
ove silente radiazione di fondo sia frinire di un dio

André Che Isse

PAVANA D’APNEISTA IN FILODARIANNA

trasmuto seguendo il tamburo delle stelle
archimio dita nel miele in teurgia sciente

mentre m’infilo le gote in cruna di riso tessendone ginocchi a luna ebra

l’ipotenusa del fiato scende in segreta di cuore scalzo
nel pozzo di alice le meduse scivolano su neve aurata

ma muto il raccoglitore di fiato aspira come otre ulisside in coffa dietro l’universo

tra l’eterno e il piacere m’innamoro follemente
tra silenzi d’oro al sole e gaudi ignudi eiaculati

c’è qualcosa che mi fuoriesce dalla pelle come una radiazione eudemonica di fondo

una levitazione dell’essere in curva di fiore
quando immergersi tra molecole è chiave d’universo

ecco allora la terra promessa del cuore lì a mezz’aria nel mezzo di fiato sciente

André Che Isse

LE BALENE SUL TETTO SONO LEGGERE COME LANTERNE CINESI

ho cantato come balene sui tetti allunati di chagall
e raccolto guardi di stelle per mettermi in tasca le mani nell’eterno

essere compresi dalla sfera del sole e sentirne la luccicanza nei pensieri
sapere che il nostro cuore ha lo stesso tamburo della radiazione cosmica di fondo

ecco perché corro nel deserto fino a rimanere di sola molecola di fiato
solo allora potrò perderla nella tua bocca nuda in mezzo al guardo scalzo appeso

tutto quello che c’è da fare è solo aprire le braccia per toccare le sponde delle vene
sussurrarne tana! e barrire la luna e capriolare le gote ebre di buccina abbronzata

mi distendo come lenzuola d’estate in cortile
gaudioso d’eterno

mentre tra il primo giorno del mondo e la morte del sole sgranocchio sommommoli
contando i secoli con le dita inzafardate di risa

André Che Isse

CONTRAPPUNTI DI PIOGGIA SCALZA

ho sentito sussurrare l’oro sui girasoli
le dita di van gogh inzafardate di fuoco
e ridevo ridevo mentre il cielo mi penetrava

l’aria che sfrigola quando il mondo si muove
è come se avesse iridi ignude
una radiazione cosmica di guardi dal primo giorno del mondo

allora ascolto la pioggia come auleta nel flauto!
e che tamburi un giardino di kyoto o la mia persiana chiusa
non muta il suo argento scalzo

ecco perché mi sono infilato tra gli spazi vuoti tra le gocce
in cruna di fiato come in punta di piedi
madido ebro stilita su torri molecolari in dorso d’arciere

André Che Isse

LA CURVA EUDEMONICA

il tempo è una curva
dove mettersi seduti e mirare il mondo per mille battiti di ciglia

ma se palpebro così lentamente da mettere in piano la discesa
è possibile ascoltare la radiazione cosmica di fondo e convitare scalzi gli dèi

nel cerchio di neve dove raccolgo tutte le pieghe del barocco
il raggio segmento su cui albergarsi è talamo di ulisse

così che destandomi nel giorno trovi l’angolo curvato dal guardo
dove tra i battiti d’iride si segga nudo l’eterno

allora posso contare con le dita i pensieri fino all’ultima stella di fuoco
quando il limine dietro l’universo sia vestigio di primo calcagno ardente

se sai chi sei sai inventare la sola strada che fu scritta prima del mondo per te
oh con quale felicità scopro tra gl’infiniti che sono tempo curvato sciente dall’essere!

André Che Isse

INVALIGIATORE DI LUNE

voglio trovare una pozzanghera nel sole
ove cattivare le nubi sull’acqua per camminarci dentro

voglio approfittare della mia vita per contare tutte le stelle
sniffarle la notte ubriaco di luna e ricominciare da zero +1

quando distendo le braccia una gru giapponese apre le ali
e la spuma del pensiero si asserpola ai ginocchi icosaedri

quando danzo la pelle del silenzio mi sfrigola addosso radiazione cosmica di fondo
mentre curvo lo spazio come arciere aurorale aurato

voglio farmi attraversare di sapere come una transverberazione dionisiaca
entrare ed uscire dalle molecole come sciamano scalzo sui miei talloni nudi

e invaligiare le lune dove hai camminato
per portare con me sempre i passi dell’amore

André Che Isse