IL LUME DEL GESTO

ho piegato l’aria per l’Essere

l’iride d’Esserci sui palmi scalzi

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i cerchi di rembrandt col dito come idee prima della ruota

il cerchio di prospero nella neve per lo scriba rosso sull’albero

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l’eclittica desossiribonucleica leggiadra su equilibri di gru nel labirinto

che filodarianna ebro tracci fragranze di suità

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ho albergato la nuca nei bracci germogliando i pensieri amorosi

voltolando l’ala mille volte al cuore vermiglio

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e i ginocchi come pietre angolari per la luna

e le punte di stella frecce nei gomiti acuti

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e come agrimensore sciamano ho danzato nel primo giorno del mondo

per curvare l’eterno un attimo appena

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André Che Isse

DIMA GAUDIOSA!

seduto in mezzo la notte ho l’universo tutto: l’esserci!

prima del sole l’idea del sole

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la mia curva del braccio è esedra noumenica per arco d’ulisse

algoritmo eudemonico di mille comete giallo van gogh per ipotenusa allunata

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quale misura possa girotondare l’universo con metro da sarta?

beh! l’estasi per suità vermiglia sull’albero più vicino la luna!

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così che la misura del passo allunato sia pari a qualità di pensiero disioso

cribrando il lemma elettivo al bizantismo desossiribonucleico

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fu proprio per capire il barocco la monade curvata per massa emozionale

a fantasiarne poi pieghe eternali come labirinti a brame odorose

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c’è un filodarianna nel cuore di un sole nato d’iride ignuda

attende solo il suo guardo come dima gaudiosa dell’essere

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André Che Isse

12 STUDI PER L’ESSERCI E BASTA!

12 STUDI PER L’ESSERCI E BASTA!

I. Ausculto sotto la pelle luminarie d’atomi ebri
II. C’è chi accompagna e chi invece è della stessa sostanza dell’altro
III. Dal gene all’idea l’arte per contrappunto d’ipseità
IV. Stupefare il mondo può essere euforico ma stupefare se stessi è estatico
V. Ognidove il guardo brami esserci per sé, curverà madido d’essere
VI. E se la curva di fiato coltivasse 12 lune potrebbe piegare l’eterno coll’ali
VII. L’elisio è nelle tasche scalze dell’esserci sciente
VIII. E la filigrana del silenzio consertata nel sole ha la stessa sostanza del cogito
IX. Così come il suo gomito archi l’attimo per illeggiadrirne l’eterno ad angolo ebro
X. Che dunque s’edifichi la casa senza radici ma col pensiero aurato soltanto!
XI. E suità sarà danzare la curva dei bracci come gemina elica siderea
XII. Eccomi allora alacre d’esserci, ferace dorso d’icario d’alato

André Che Isse

L’ASEITA’ DI SCIAMANO DANZANTE

innamorarsi follemente di riconoscersi
quando non passi neppure un crine tra l’essere ed esserci

io sono transverberato ebro d’ipseità dionisiaca
da esondarne imperiosamente come mille quasar eiaculanti

perché all’uomo che conosce la sua curva sulla luna è dato l’elisio
tanto che nessun’ala sia più chimerosa del suo dorso d’aiace

eccomi allora sciamano danzante custode libato in calice sidereo
ove suità troneggi ignuda dietro l’universo scalzo

ogni cosa curverà se stessa come l’elica dell’anima nacque
disteso nell’arco tortile sono strale su filodarianna d’argento

non seguirò molecola alcuna che non sia nata dal mio paniere
solo così ogni gesto dei bracci danza ora la teurgia eudemonica

André Che Isse

SEDUTO NELL’ESSERCI

cosa scriveresti in fondo all’universo?
danzeresti dopo lo spazio o torneresti ad itaca?
le parole che fanno <<tana!>> alla fine dell’universo non fanno rumore
ma l’eufonia immota della bocca divora leggiadrie di lune scalze
ho ripiegato un tempo veloce in mille pieghe barocche
così che quando arriverò in fondo all’eterno avrò l’età delle stelle
 
ora seduto nell’esserci comprendo l’elisio
la cognoscenzia di movere i bracci per sé sarà calligrafia desossiribonucleica
 
e la curva che curva la luna curva il mio braccio d’arciere
come la bocca in curva di nuca sussurra poi nell’amore
 
ogni momento è monade originaria come unico strale di sole
io c’infilo i diti ebro di miele ulisside
 
André Che Isse

ASSEDIATO D’EBBREZZA

posso mirare il cielo e dorarmi di pioggia
così da auscultare le stelle addosso
giulebbando nei pensieri dove il mondo nacque
a filodarianna oro di luce che tesse l’eterno
parola dopo parola fino a inventare i poeti
1001,1002,1003 comete a pettinarmi la chioma
c’è un viaggio da fare senza muovere un passo
e a un tratto allunato tutte le strade nel fiato
ma di mille nodi barocchi solo una curva desossiribonucleica d’argento
 
 
madido assediato d’ebbrezza conosco gli aranci fragranti di neve
ostensorio scalzo assorto di miele sull’arco del piede
l’eufonia-del-sublime-attimo-sciente
 
 
André Che Isse

L’ORTOGRAFIA DELLE IDEE

se la curva del pensiero è filodarianna lunisolare ebro
la pelle dell’aria spuma inneità sui ciliegi vermigli

quando conosco architetto ipseità d’argento in proiezione dedalea
allora mi riempio d’idee inaurate come astri a prima notte del mondo

tanto quanto i mille vasai di dioniso plasmassero idee coi miei bracci danzanti
idee d’idee ignude come neve cade su prima neve

un palinsesto poietico frattale ulisside
un labirinto d’albume adamantino scalzo

dove alchimiarsi al mondo in curvatura d’arciere acrobata:
Equilibrio x Leggiadria³ = Estasi²

così l’algoritmo eudemonico inscrive se stesso in mezzo all’eterno
un frontisterio romito a scanni di nubi per sdipanare l’elica desossiribonucleica

André Che Isse

ACQUARTIERATO D’AMORE

infilo il gomito nel desiderio sparso di molecole
arcando il polso per accogliere una piccola curva di leggiadria

forse quando cerco il gomito è toccare con mano l’angolo del mondo
e auscultare la direzione di una stella fino alla tana in fondo all’infinito

sto in piedi come un guardo alessandrino scalzo e la chioma in arcioni
mentre alchimio l’esserc’ignudo in eclittiche a filodarianna ebro

così i cerchi nel dorso di rembrandt saranno le mie orbite dietro l’universo
nonché la scala elicoidale che investe l’anima sciente d’al’inaurate

ho tolto tutto il narrabile solo per l’angolo di ginocchi gaudioso
e ne ho annodato i palmi alle dite barocche come sciamano amoroso

allora non mi muoverò dalla luna fino all’ultima radiazione cosmica di fondo
perché sono follemente innamorato d’ogni fiato d’argento che m’alberga

André Che Isse

LA POETICA DESOSSIRIBONUCLEICA

che cos’è il mio verso poetico se non un arto del pensiero
il riso stesso dell’anima e la velocità della luce immota nell’iride
la piega barocca in cui s’accuccia l’eterno
la mia curva di leggiadria

c’è una stella che per girarle intorno ci vorrebbero 1000 anni in aereo
e il pensiero quanto è lungo?
lo si può distendere fino a dove nacque l’universo?
2000 volte il diametro del sole per un filodarianna di sola andata ne sarà bastevole?

avevo vent’anni e qualcuno mi chiese cosa sapessi di più
ricordo solo che presi una pausa per fare due conti:
«di me stesso!»
ed ero appena salito su quell’aereo dei 1000 anni

principiai poetando di non conoscere angeli
«ma qualcuno mi soffia nelle scarpe!»
così che danzando scalzo potessi vederne il fiato:
l’aura brumosa dell’ala

e capii presto dove trovare la curva eudemonica
là dove si nasce increati a se stessi
mentre stropiccio le mani come mi nascesse una stella dai palmi
o forse è solo il ricordo prima del mondo

ma ogni giorno volito ebro in pozzi d’alice per raccogliere i miei quanti sul fondo
come monadi di pensiero sui ciliegi
come tuffatore icario in fragole scienti
che all’ala ho snudato il mio dorso d’arciere

André Che Isse

LA CURVA DEI FIORI

se allungo il respiro il fiato mi batte la curva della nuca
esondandomi a leggiadria i pensieri inaurati

c’è la-misura-sciente-dell’anima che curva l’eterno
come s’arca il guardo affatturato dai fiori vermigli

da piccolo avrei desiderato diventare il più folle eccentrico
poi arrivò il mio turno di essere-e-basta

ecco allora ostendersi una vita che non ha bisogno di narrarsi
è il cucito stesso dei fiori la curva eudemonica

il mondo ha già inventato tutto ma non quello che può essere il tuo dna!
se soffio sull’entropia posso giungere all’inizio del mondo

ma cos’è che conta veramente per sé se non la velocità della luce immota nell’iride
e poi m’innamoro di poiesi ogni volta che si danzi i ginocchi scalzi scienti sui meli

André Che Isse