UBRIACO D’EQUILIBRIO

poetare è incidere la leggiadria dell’attimo increato

quando tutto cangia il già stato rimane per sempre

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allora il corpo sta all’estate come l’ala inazzurra

e i bracci come lenzuola stese al sole: bilancieri d’estasi

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indaco prima e dopo i pensieri

tra l’invenzione della ruota e il suo stupore: il respiro-sciente dell’Esserci!

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sono transverberazione dell’attimo come neutrino nauta immoto

così da squarciare l’Esserci in positura eternale ebra

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e se equilibro il quadrivio degli arti in Essere soltanto

l’alma sarà punto di fuga rinascimentale scalzo

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e ogni levità sarà il silenzio tra le crome, lo spazio asciutto nella pioggia

quello spazio dietro l’universo che ha la stessa sostanza del guardo gaudioso

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André Che Isse

ὀμϕαλός

appoggio il gomito tra l’aere e il cogito

con la sola giustezza tra due punti che curvi l’eterno

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quando inspiro-sciente un portale di gigli m’esonda in fiato

come veliero d’inflorescenza per suità tra multiverso e ora

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ho curvato ogn’istante al torno dell’alma per tombolarvi come tuffatore nell’oro

uno spaziotempo chimeroso per Esserci davvero!

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ed ora coi bracci cerchio l’Essere danzando:

si narra che forando un foglio piegato in due si attraversi galassie

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è come scivolassimo nell’Essere come pelle stellata di notte d’estate

col fiato caldo nell’onfalo dei palmi a guscio d’Esserci

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quel punto di fuga rinascimentale a cui tutto giunge dopo il volo

è proprio quando non hai più bisogno d’ali che il dorso ha la stessa sostanza d’elisio

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André Che Isse

LA SARABANDA NEL CAPANNO DIETRO L’UNIVERSO

dall’albero nero sculsi i miei sandali scalzi
ora che espungo tutti i luoghi senza seità
rimane l’empirio da cui nacqui elettivo
perché conosco la curva ebra del fuoco
ove nacquero stelle per prime a scaturigine d’ipseità

come fili invisibili arrivati dalla luna
un punto di fuga rinascimentale cribrava l’attimo al singolo passo
tanto che il tempo apostatava dal mondo
così che dal guardo al futuro un palazzo d’argento mi camminasse l’anima

c’è una fragola sul querceto nudo
bastevole a riempire una stella nascente di giallo van gogh
allora ho costruito un capanno con la pelle del guardo

André Che Isse

AFFABULAZIONE EUDEMONICA

mi raccolsi a guscio di noce come singolarità prima del mondo
cellula in cerca di pensiero d’argento
punto di fuga rinascimentale prima della curva del braccio

bastò una piega barocca a inverare il noumeno?!
prima degl’ippocampi custodi d’idee
quando l’iride scalzo perambulava dietro l’universo come ostensorio di nubi

foggia gaudiosa poietica alla foce del fiato imperioso
lecconeria leggiadra inzafardata di luna
ginocchi ignudi su ali icarie per ipseità di danzatore ulisside

così fui ebro arcato fino alla fine del mondo
disossando l’attimo dal narrabile
perché solo stillando l’esserci la lacrima è elisia

André Che Isse

LA COLTURA DEL QUOTIDIANO ETERNO

ecco,metto in fila le nubi come un poeta le parole per arcarle con gesti levi
per infilarle nelle ore,nel cuore dell’istante vermiglio

c’è un momento della notte che entra in dorso di dioniso come punto di fuga rinascimentale
dove tutta la vita d’un uomo s’accuccia per distillarne l’ebbrezza in silenzio barocco

ti dirò cosa ho fatto della mia vita:
un solo momento eterno!

ma non so dire se infilo le dita nelle stelle o ne conto le punte in guardo
come un passionario d’angol’inaurati che conosce dove abbronza l’eterno

ho un erbario per accogliere la prima goccia di pioggia che tocchi terra
chissà se la prima ora del mondo sia stata madida altrettale in fiore

certo è il mio stupore che attraversa 12 universi in un gesto curvo
una curva piegata d’estasi: la curva ebra dell’essere

André Che Isse

L’ESSERCI-IN-ARCIONI

l’Uomo è punto di fuga rinascimentale in cruna di Tempo
ad ogni fiato ne curva il pensiero mescendo l’universo in danza

così esserci sul serio è briglia disciolta alle gote su melo sciente
in quanto chioma stuporosa d’idee inaurate in giulebbe ebro

eccomi proprio dove nacque l’aria in mezzo all’essere
dove molecole d’intavolatura per pensieri saranno arcioni ignudi

adunque essere punto istesso da cui tutto principi è bocca aperta su crine in corsa
tra i denti euforia di rose

io non so vivere altrimenti se non su bosoni ignudi d’esserci
dove s’inveri l’estasi scalza del giorno eternale

ora è l’ora arcata in cui ogni gesto illeggiadrisca il mondo
così ch’io curvi il gomito a stella per lumeggiarne chi sono

André Che Isse