frontalmente illuminata
L’ETERNO RITORNO DELL’IRIDE
La FELICITà è INVERSAMENTE PROPORZIONALE alla PRESTEZZA
il guardo nel buio è poesia nell’oro
il silenzio pensato odora di erba tagliata
fantasio immoto l’idea della prima ruota
*
ecco come arrovesciai l’incesso insciente con bizantismi allunati
trovando il verbo che tesoreggi la bellezza
e ogni angolo di stella sarà il mio gomito
*
raccolgo il pensiero come fragole dagli alberi
ad ogni gesto danzato disbramo la curva del disio proprio quando l’attimo stivi l’idea del cogito
così allungo il fiato per infilarci un istante di eterno
*
poi c’era quel particolare silenzio numinoso e non so dire se nascesse con le idee o dopo la neve
ma segretamente materiava l’estasi: immoto sorge l’Esserci!
la felicità ha la stessa sostanza degli eoni
*
André Che Isse
εὐδαίμων
LA LUCE DELLE IDEE – Performance
LA LUCE DELLE IDEE – Personale a Space Gallery
André Che Isse
LA LUCE DELLE IDEE
Personale a Space Gallery
Modena, 19.11.2022
LA TELEOLOGIA DELL’ESSERCI
l’attimo principia il sublime
quando il pensiero diventa idea odorano iridi ebre di stella gialla
*
ci sono idee che curvano le parole in bocca all’arco dei baci vermigli
ma più lentamente più lentamente per saporare l’eterno
*
così staccai un atomo dal cielo per infilare i ginocchi nel blu
e allora subitamente l’ala nel dorso principiò l’idea dell’Essere
*
inspiro l’esserci come l’istante allunato per sempre
e tra l’indice e la luna l’idea dell’amore
*
scalzo poppiere seggo il rovesciamento dei melograni accesi
per raccogliere sull’erba tagliata le frutte scienti
*
quale bizantismo di pensieri aurati lungo l’ipotenusa d’ipseità!
ecco come danzo le idee sulla radiazione cosmica di fondo
*
André Che Isse
LA LUCE DELLE IDEE vista da Giosuè Deriu
“La luce delle idee”
André Che Isse
19 novembre 2022, Space Gallery, Modena
*
Philippe Petit nel suo “Trattato di Funambolismo” dice:
Chi cammina, danza o volteggia su una corda a qualche metro da terra non è un funambolo. Che
il suo filo sia teso, lento, molleggiato o completamente libero, viene chiamato ballerino sulla
corda.
Nell’opera di André Che Isse è facile sentirsi come il funambolo Philippe Petit, si cammina sopra
una fune, sospesi nell’ebrezza del vasto operato di un artista, in una sindrome di Stoccolma tra
danza, pittura e poesia.
Infatti questo percorso può essere vissuto come una corda tesa a pochi centimetri da terra sopra
la quale chiunque può provare a compiere qualche passo, così per gioco, altrimenti, per
approfondire carpendo il più profondo dei significati è necessario essere funamboli, pronti a
passeggiare nel vuoto.
Non sono corde tese quelle di André, ma sagacemente adagiate, fermate da spago come filo del
discorso ed illuminate dall’ispirazione.
L’artista cammina sopra un cavo di cultura ed esperienza, dove l’Ethos greco, la filosofia
occidentale, la disciplina orientale e la passione umana si incontrano nella raffinatezza della
matematica, cara agli egizi, dove i numeri possono acquisire qualsiasi significato e ogni
significato può essere espresso in codici.
Nell’operato dell’artista ci si può perdere e ritrovarsi più volte data la vastità delle nozioni,
concetti ed informazioni che traspaiono dalle sue opere, il vissuto del poeta, pittore e danzatore
inevitabilmente ruota su se stesso cercando un rapporto che non divenga conflittuale, quindi in
un titolo si può incontrare una poesia e all’interno di essa una nozione storica, un neologismo, un
passo di danza, un’espressione algebrica. Infatti non è semplice fare della versatilità una forza, è
facile ridondare nell’ esprimere un concetto utilizzando più linguaggi contemporaneamente, allo
stesso tempo è necessario provarci soprattutto quando questa espressione fa parte di un
percorso ricco e versatile, che non si vuole lasciare fine a se stesso, piuttosto condividerlo col
prossimo, cercando con la complessità di rendere la semplicità, così l’intento di André Che Isse
con le sue opere, a primo impatto di facile lettura, delicate, moderne, affini al design e agli
oggetti d’arredo ma che celano molteplici significati, raccontano storie.
Infatti nella lettura analitica delle opere ritroviamo l’incontro di vari materiali utilizzati per
esprimere concetti diversi, ne La Gilda di Dioniso per 4 Danzatori Scalzi degli Dei la tempera
rappresenta un palcoscenico, sopra il quale i corpi dei danzatori si muovono come corde nell’aria
di cotone, sorretti nel retro da trama e ordito (quasi ad evocare il filo di Arianna dell’esistenza, quindi il labirinto espresso dalla Geranos, la danza che rievoca i labirinti), uniti nella ruggine come
una gilda del passato, il tutto retroilluminato, a rappresentare l’aspetto magico, divino, dionisiaco,
che si manifesta concretamente attraverso la danza, non a caso infatti le figure sono quattro, ad
esprimere il senso pratico, il mondo fisico, la concretezza delle idee.
I Canopi Trascendentali per l’Eterno Ritorno di Zarathustra così come i Danzatori hanno simili
materiali, si aggiunge l’utilizzo della matita a sposare l’Egitto con l’esistenzialismo, sino ad
arrivare alle Machine Eudemoniche e La Curva Ebra dell’Haiku, nelle quali cambiano i numeri, dal
quattro si passa ad una veste orientale dove il poema pittorico viene scandito in tre versi e la
rude corda si trasforma in delicata carta velina. Il tutto reso attraverso un elaborato studio di
soggetto, materiale, composizione, concetto e resa finale.
Piero della Francesca, Salvador Dalì, l’AI che riproduce i quadri di Jackson Pollock, questi e molti
altri gli esempi di rapporto tra arte e matematica. Un artista è vincolato tra ciò che vuole
esprimere, ciò che può realizzare attraverso la propria arte, l’interpretazione dello spettatore e
l’effettiva magia del risultato finale. Un’opera d’arte è l’elevazione dell’artigianato, l’artigiano è
colui che costruisce oggetti non di serie, costruire significa ideare ed eseguire, ideare è l’attività
esercitata dalla mente nel prendere coscienza del sé, il sé è la caverna di Zarathustra e nelle
caverne i primi tra gli uomini sentirono la necessità di incidere le loro gesta attraverso la
realizzazione di graffiti.
André Che Isse non è il primo tra gli uomini, ma nelle sue opere ricerca la stessa ancestralità, con
il rigore del metodo scientifico abbinato ad un senso religioso, dove la fede è per ciò che si sente
nel tessere i fili della propria esistenza. Infatti l’artista sente il libero arbitrio dell’arte, sa che il
suo operato sarà sempre limitato dall’arte stessa, ma comunque vede la propria caverna e da
questa vuole uscire come nel mito di Platone, perché grazie alle caverne è più semplice
apprendere il concetto di luce, la luce delle idee.
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“Finché il vento dei nostri pensieri, più violento di quello dell’equilibrio, tornerà presto a far
volteggiare verso le nubi questa piuma così sensibile.”
(Philippe Petit)
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Giosuè Deriu
L’OTRE ULISSIDE DI ISSE
IL FIORE DELLE IDEE
André Che Isse
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IL FIORE DELLE IDEE
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Piccola Stanza del Vento da Braccio
verso:
La Curva Ebra dell’Haiku,
studio 54° : 49° fiore d’erbario
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40 x 40 x 10 cm
(2 telai bullonati assieme: recto & verso)
tempera da muro,carta velina,carboncino,nastro carta,blu da vetro,vernice lucida finale;
su misto cotone
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OPERA RETROILLUMINATA
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agosto 2022
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(ISSE’S HOUSE)