LA TEURGIA DEL MOVIMENTO IMMOTO DELL’ESTASI

conosco la danza immota dell’eden

e la poiesi mentre nasce da se stessa

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cribro il verbo che precede il giorno

dove ogni gesto sarà numinoso a se stesso

ogni parola testata d’angolo sciente

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quando traccio la curva d’un fiore curvo il mondo di leggiadria

e il gesto che principia l’attimo è inflorescenza d’Esserci

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preparare una danza è apparecchiare l’Essere per l’Esserci

l’ipseità nell’attimo rotondo

pensare una danza sul palco è pensare l’ostensorio dell’Essere

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ora il mio gomito sciamano girotonda i cerchi di rembrandt nel dorso

proprio dove la bocca sussurra prima della nuca l’epos dionisiaco

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André Che Isse

L’ULTIMO GOMITO DELL’ESSERE

ali grandi come la prima idea della ruota

dalle stelle l’odore della notte sa d’erba tagliata al meriggio

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sovra luccicanza di lemmi il cielo è più blu perché lo si può nomare

l’onomaturgia del guardo transverbera la chiaria del logos

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così giunsi ove tutto s’eterna e la curva d’alma ispessita di sole

l’Essere flanella l’Esserci come l’ebbrezza l’eterno

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conosco l’attimo sciente e il muro giallo del sublime meriggio

guardami fin dove la danza disveli l’ultimo gomito dell’Essere!

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scivola intanto il clinamen epicureo sull’ipotenusa aurale

non è stupefacente auscultare la pioggia dal decubito dell’Esserci?!

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tambura il cielo spuma d’argento di mari

ove silenzio intavoli radiazione cosmica di fondo col barocco madido di gocce

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André Che Isse

DISPENSIERI DI OPIMO LINO

io sono mille anni nell’attimo di un fiore

mentre soppeso i bracci d’idee in danze psicostasiche ebre

ove gravità in leggiadria curvi l’aere come michelagnolo la pietra

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perambulo sull’acque di monet come pollock sognasse

mentre distillo il pensiero dalle mele vermiglie di cezanne

e quel limone di manet con cui mi pettino le brame

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quando danzo ogni gesto è più vero di ogni realtà quotidiana!

il movimento è così snudato da tornare sostanza aurorale di stella

e così ogni lemma cribrato: fiore numinoso di luccicanza

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allora non potrò fino in fondo di universo che poetarmi l’esserci

perché non so dire altro di bellezza fuori il mio guardo

la bellezza che inventò l’arte e le tue gote

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André Che Isse